Una famiglia vadese profondamente radicata nel tessuto socio politico della cittadina, quella dei Giacobbe, esponenti di un partito, il Pci, che nei suoi anni d’oro. Al governo senza avversari, dalla Liberazione al fatale 2009 quando Carlo Giacobbe terminò il mandato e venne sostituito da un ex democristiano.
Una ferita che ancora brucia, grida vendetta alle prossime consultazioni comunali di fine maggio e che rammenta agli attuali Pd vadesi i bei tempi delle maggioranze bulgare espresse da un elettorato operaio che eleggeva in Municipio anche il padre di Carlo e Anna Giacobbe, due fratelli assorbiti in toto dalla passione politica e sindacale.
Era il tempo di sindaci storici della tradizione comunista e resistenziale: Pasquale Borra, Pietro Moracchioli, Pierino Ricino alla scuola dei quali i nostri si facevano le ossa nei liberi consessi. Carlo Giacobbe, consigliere e poi assessore comunale, spiccava ben presto il volo verso la segreteria provinciale del Pds: esperienza esaltante, ma anche amara, che vedeva il suo partito cedere il sindaco di Savona al moderato ing. Francesco Gervasio. Massone galantuomo. Carlo pagò la sconfitta con l'”esilio” in Provincia, vice dell’avvocato loanese Chicco Garassini e soprattutto con la mancata designazione alla Camera dei Deputati, sgambettato da un astuto concorrente interno.
Poi l’elezione a sindaco di Vado Ligure, 5 anni di passione tra carbone e piattaforma, un referendum perduto, il ritiro dalla politica attiva. Più tranquillo e lineare, almeno in superficie, il cursus di Anna Giacobbe: negli anni novanta segretario generale della Cgil savonese, poi a livello regionale ed infine eletta al Parlamento. Esito questo che rende giustizia alla sorte di Carlo, in una continuità di posizioni politiche che non tutti apprezzano, ma che non mancano di coerenza. Qualche esempio: per la Giacobbe la vicenda Tirreno Power sarebbe stata ” drammatizzata” ( dalla magistratura?) e quindi ha sposato lo sciopero generale dell’11 aprile scorso al quale gli studenti savonesi non hanno voluto partecipare, subodorando una protesta finalizzata al carbone.
In realtà è facile colpevolizzare gli ambientalisti quando si dimentica che Sorgenia Spa (comproprietaria delle centrale) finirà presto in mano alle banche creditrici di oltre 700 milioni di euro ed il gruppo CIR De Benedetti uscirà dal controllo dell’azienda. Anche sul progetto di integrazione del porto di Savona con quello di Genova la parlamentare sembra sposare le tesi della cupola nostrana, invocando autonomia e temendo la matrigna confinante. In realtà gli sprechi sono evidenti per la duplicazione degli apparati, degli incarichi professionali, di piani regolatori scoordinati, del deficit di infrastrutture ferroviarie e stradali, e si potrebbe continuare a lungo.
La nuova, faraonica, sede che sta sorgendo nell’area ex Ilva lo testimonia, ma non tange più di tanto il ceto politico e corporativo e quindi la ‘convergenza parallela’ di interessi, legittimi, di poco respiro che ne stanno alla base. Anche questo un sigillo degli intramontabili.