E’ la sua ultima grande sfida. Prima le lotte sindacali all’Acna, per anni ‘fabbrica della morte‘, al secondo posto c’era la Torino-Savona, poi gli uffici Cgil, la presidenza dell’Inps, la direzione provinciale dell’Inca. Ora dalla parte di ‘madre natura’, delle risorse da riscoprire e valorizzare dell’Alta Valle Bormida. Iniziando dalle piante degli antenati. Fermare lo scellerato percorso che ci ha portato ad essere il grande malato d’Europa. Da esportatori ai tempi della Repubblica di Genova a importatori di prodotti agricoli. Il condottiero, ancora una volta sotto altre ‘spoglie’ è Gianpietro Meinero, fiduciario di Slow Food di questa valle tra il mare e le colline del Basso Piemonte. Sabato, 8 marzo, sulla piazza principale di Cairo Montenotte, in due ore sono andate a ruba 750 piantine con innesto di antiche varietà di mele locali. Successo inatteso e strepitoso. Sono arrivati dal savonese, imperiese, genovese.
Era denominato il MelaDay di marzo, quarta edizione. I quotidiani di cronaca locale, in particolare Il Secolo XIX, hanno dedicato all’avvenimento più pagine. Una scelta azzeccata e meritata. La conferma che per un’Italia, Alto Adige escluso, in ginocchio peggio di ogni altro Paese; per una provincia col record storico di 24 mila disoccupati, letteralmente ubriacata da decenni di oppressione di seconde case a discapito dell’agricoltura, unica nostra miniera di materie prime. A fronte di tutto questo, con vizi e virtù, potremmo essere il Paese più bello e più felice del mondo (BELLA ITALIA, NON SOLO DI NOME), a patto che riprenda vigore e vita l’ambiente che ci circonda. Il successo, oltre ogni ottimistica previsione, della corsa all’albero di mele antiche è la prova regina che ci stiamo avviando ad un nuovo rinascimento.
Negli stand dello slow food Alta Vabormida si respirava entusiasmo, passione, soddisfazione, una certa meraviglia di chi non appartiene più al mondo della gioventù, ma ha vissuto la nostra storia più recente. Il sito internet dell’associazione locale ricorda che l’iniziativa è nata nel 2005 con la costituzione del Gruppo Insieme di Cengio, avviando la ‘ condotta’ del sodalizio internazionale. Oggi oltre 100, uomini e donne di 19 comuni del comprensorio, partecipano al progetto mondiale per la difesa delle identità eco-gastronomiche , della sovranità alimentare dei popoli. Si promuove l’educazione al gusto e la difesa della biodiversità.
In parole più semplici vuole dire impegnarsi affinché la coscienza collettiva accresca la propria forza. Sia cosciente del crimine contro le nostre comunità per aver consentito e tollerato, da decenni, l’abbandono della terra. Nella fascia costiera ha significato speculazione ed arbitrio, cultura del falso sviluppo economico e sociale. Nell’entroterra, con poche eccezioni, si è favorito l’abbandono di massa di generazioni.
Negli anni ’50 e ’60 eravamo un piccolissima minoranza ad indicare che si andava verso il disastro. Un secolo di veleni e di inquinamento scolpiva, con il caso Acna, la storia del savonese. La collusione tra un diffuso potere politico, in parte sindacale ed industriale, stava tuttavia scrivendo altri capitoli. Vedi quanto emerge in questi giorni a proposito della centrale elettrica di Vado Ligure. A destra e a manca si costituiva il grande ‘buco nero’ a tentacoli. L’indifferenza dell’autodistruttivo consumo del territorio, la fuga dalle aree agricole conquistate a peso d’oro dall’avvanzare di cemento e asfalto, supermercati, ha lasciato una lunga scia di ‘cadaveri’: dalla disgregazione sociale, all’indifferenza delle giovani generazion, l’abbandono della tradizioni agricole, la perdita di identità. Non c’entrano gli immigrati.
Gianpietro Meinero, ‘missionario’ Slow Food dell’Alta Valle Bormida, è stato a sua volta testimone dei tempi. Nel dicembre 2009 ha lasciato il vertice dell’Inps provinciale, da sempre riservato al sindacato. Negli anni ’80 fu segretario territoriale Cgil, ha vissuto in prima linea la grande tensione all’Acna, tra blocchi stradali, manifestazioni, cortei, denunce, il rifiuto alla chiusura di uno stabilimento che dava lavoro a 770 operai, in un paese (Cengio) di 4.500 abitanti. Con Meinero che cavalcava la linea dura e Bruno Spagnoletti, segretario Cgil Liguria, più malleabile. Con il sindaco di allora, Sergio Gamba, dipendente Acna, sulle barricate. Meinero, il compagno comunista della Fulc (chimici). Entrambi uniti nella richiesta al ministro Ruffolo di risanare la fabbrica senza chiuderla. Promotori delle ‘borse di studio in memoria di chi si è ammalato all’Acna‘.
Meinero, tra gli amici di Slow Fod, tra gli ospiti della manifestazione, ha scritto in viso la soddisfazione per i risultati del MelaDay. “Siamo 22 a darci da fare per la buona riuscita di questo appuntamento, oltre a sei innestatori. Ci siamo procurati le piantine, 22 sacchi di terra, la carta per confezionare i sacchetti, saldarli. Prezzo di vendita per alberello innestato €3,50, con tanto di ricevuta intestata a Condotta Slow Food. Qui è il Mercato della Terra aperto a tutti e dove si forniscono anche marze per chi ha già piante“.
Sono 20 diverse varietà di mele che rischiavano l’estinzione. Un’alternativa alla colonizzazione sistematica e spadroneggiante di qualità di altre regioni, di altri paesi. Mangiamo mele che subiscono anche 20 trattamenti, tra pesticidi e fungicidi sistemici (penetrano nella linfa e nel sistema radicale). Si pagano pure care, conservate per mesi in celle frigorifere.
Apprezzare le mele di casa nostra, imparare a conoscerle come ha fatto Riccardo Mendi, di Bragno, ferroviere in pensione, con l’hobby di amatore di innesti di mele antiche.
La regina della qualità ligure, dice un giovane agronomo di Borghetto S. Spirito, è la ‘mela Carla (Fresia)’, unica importante mela ligure, origini finalese. Profumatissima. Chissà se i molti giovani costretti a fuggire all’estero alla ricerca di un lavoro, potranno essere informati ed orgogliosi di cosa sia in grado di offrire la loro ‘terra d’origine’!
L. Cor.
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