Mi sembra indispensabile che un economista politico serio e uno statista serio – o una tavola rotonda di economisti e di statisti seri – al disopra delle parti ci spieghi in modo chiaro cosa pensa della nostra economia e del suo futuro. Che ci dica perché certi parametri sono peggiorati nell’ultimo anno, che ci spieghi cosa significa “vedere la luce in fondo al tunnel”, che ci spieghi cosa vada fatto, cosa dovremo pagare per ottenerlo, quali risultati è legittimo aspettarsi l’anno prossimo e i successivi, anno per anno.
Fino a qualche settimana pensavo che questo politico economista potesse essere il prof. Monti. Ora, con la sua “salita” in politica non so più cosa pensare.
Ho alle spalle quarant’anni di dirigenza di azienda, gli ultimi a livello di direzione generale. Non sono un economista ma un ingegnere e, come tale, sono abituato a calcolare il futuro sulla base dei dati di partenza. Ho scritto un libro – in uscita in questi giorni col titolo “L’Illusoria Libertà del Pensiero” e con il sottotitolo “Condizionati a Credere”, al quale ho lavorato per oltre trent’anni. Ma, anche se fossi un ingegnere economista, non potrei calcolare nulla perché i dati di partenza sono troppi, troppo spesso sconosciuti, troppo spesso ignoti, forse troppo spesso sbagliati. Per esempio, leggo oggi sul “Corriere della Sera” un articolo del prof. Sartori: afferma che gli Stati Uniti e l’Inghilterra sono liberi di proteggersi con i dazi e che così hanno salvato la propria industria siderurgica; e afferma anche che all’Unione Europea questo è proibito: naturalmente non ne sapevo nulla. Ma questo è solo un esempio in mezzo a mille altri. E, quale autore del libro sopra citato, non mi sento più di credere all’uno o all’altro sulla base di informazioni incerte e contraddittorie.
E’ ben noto che molti dei nostri politici abbiano perso ogni credibilità, ma in pratica l’hanno persa tutti. I deputati del PDL hanno raggiunto il vertice con il loro ignobile voto a proposito della “nipote di Mubarak”, i suoi leader con le loro critiche attuali del governo Monti dopo averlo appoggiato per un anno. A sinistra s’invoca l’aumento del lavoro allo stesso modo di Renzo Tramaglino a Milano: troppo facile e ovvio urlare “pane e giustizia” senza dire cosa si debba e si voglia fare per riuscirci, lo urla persino Grillo. Ma sembra si ignori che “il lavoro” lo possono far aumentare solo le imprese, che solo le imprese hanno in mano le leve per il benessere collettivo e che le imprese possono migliorare questo nostro benessere solo se incassano e guadagnano di più. Sembra ovvio, così come sembra ovvio che anche lo Statuto dei Lavoratori finirà a pezzi: eppure i sindacati sembrano convinti che sia eterno e sembrano credere che il denaro – quello che serve per aumentare gli stipendi, per aumentare il numero dei lavoratori e così via – si trovi sotto i cavoli: cavoli che si chiamano “debito pubblico” e aumentarlo ancora non è più possibile. In più, si fa confusione fra “lavoratori intoccabili” e precari (che, tutto sommato, sono solo “lavoratori non intoccabili”, come lo eravamo tutti – eccettuati gli statali – prima dello Statuto dei Lavoratori), trascurando che, in futuro, probabilmente tutti i lavoratori saranno precari, anziché il contrario: basta vedere come funziona negli Stati Uniti e cosa è successo nei paesi comunisti. L’ingresso in politica di Ingroia è sconvolgente. Ma anche Monti ha fatto cose che ne hanno minato la credibilità: da come il suo governo non si è accorto degli “esodati”, al modo folle in cui ha gestito l’IMU, al modo in cui ha dato il via al “redditometro”, insensato per la sua sostanza ma ancora di più per averlo fatto un momento prima di candidarsi a fare di nuovo il primo ministro.
Quanto all’Unione Europea, non sembra proprio più possibile che possa sfociare negli Stati Uniti d’Europa. Ne ero convinto nel 1953, quando avevo diciotto anni e quando alla maturità ho preso l’unico 7 della commissione scrivendo un tema proprio su questo argomento. Ma oggi, con Bruxelles che legifera su dettagli – dimenticando che negli Stati Uniti nessuno si sogna di imporre banalità dall’alto del governo federale – e con gli egoismi crescenti, sembra evidente che questo futuro sarà impossibile, a incominciare da quello dell’euro. Se qualcuno crede ancora negli Stati Uniti d’Europa, mi spieghi quando mai potremo vedere un candidato presidente che, alla ricerca di voti, gira tutta l’Europa parlando alla perfezione una ventina di lingue, un candidato che possa essere accettato da tutti. Se qualcuno crede ancora negli Stati Uniti d’Europa, e riconosce che l’idea di avere un Presidente Eletto come Obama, mi spieghi se altrimenti sia ragionevole immaginare una sorta di direttorio fatto di 27 capi di governo che, non avendo abbastanza da fare a casa loro, si riuniscono tutti i giorni a Bruxelles per fare la politica federale. Se qualcuno crede ancora negli Stati Uniti d’Europa, mi spieghi cosa succederebbe in Italia se lasciassimo andare a picco il meridione perché è “cattivo” (a parte la Lega, che di questa politica si è fatta la ragione di esistere), così come ha fatto l’Europa nei confronti del suo meridione. Il prof. Monti sembra avere abbia le idee chiare, ma noi – in Italia ma non solo – le idee chiare certo non le abbiamo. E io meno di ogni altro, col crescente sospetto che, a proposito di Europa, anche lui possa sbagliarsi molto. C’è da domandarsi se l’Europa, così come la conosciamo, euro compreso, possa durare a lungo. Non lo credo e, quel che è peggio, ogni anno mi sembra che la sua fine si avvicini con una velocità che cresce in proporzione geometrica: dieci anni fa sembrava eterna, cinque anni fa pensavo che sarebbe durata altri cinque anni, oggi non credo che ne possa durare più di un paio. Mi piacerebbe tanto che l’economista politico serio, quello che ho invocato all’inizio, fosse capace di dirmi cosa pensa anche di questa non trascurabile faccenda.
Non abbiamo bisogno di politici idealisti, abbiamo bisogno di politici che, oltre ad essere seri e capaci, lo sembrino: è tutta un’altra cosa. I politici non possono più farci promesse insensate e appiopparci tasse folli, se prima non decidono di tagliare i loro costi: il minimo che potrebbero fare sarebbe di lavorare gratis – ossia, a livello di sussistenza e di rimborso spese – per almeno cinque anni: l’onore di governare bene un Paese come l’Italia dovrebbe bastare a ripagarli. Dovrebbero smettere di sbranarsi tra loro raccontandoci le loro reciproche malefatte e inventandole all’occorrenza: perché questo, anziché schiarirci le idee, le confonde di più. Ma con le idee confuse non si può andare a votare. O, molto peggio, può andare a votare in piena coscienza solo chi ha le idee così confuse da non accorgersi neppure che lo sono: ossia, proprio chi farebbe meglio se restasse a casa. Banale e scontato?
Qualche anno fa, preoccupato del debito pubblico, siccome i politici non sembravano curarsene e abolivano l’ICI per mantenere una delle tante insensate promessa elettorale, ho comprato un po’ di azioni di Intesa-S. Paolo per poter andare a un’assemblea e chiedere un parere a Corrado Passera, allora amministratore delegato: mi diede una risposta evasiva. Oggi Berlusconi, dopo un anno di appoggio a Monti, dopo non aver fatto nulla per ridurre il debito pubblico durante il suo lungo governo, sostiene che Monti ha sbagliato tutto e che tutti i dati dell’economia sono in peggioramento: fortuna che c’è lui, a poter salvare l’Italia. Così come ha fatto nel passato, fino a farsi sostituire per averla condotta “sull’orlo del baratro” e per aver perso il rispetto di tutti i capi di governo che contano nel mondo. Lo sanno tutti? Non è vero: c’è un mucchio di gente convinta che solo Berlusconi ci salverà, meno male che Silvio c’è.
Tuttavia, per poter credere in Monti, servirà almeno un chiarimento tra lui e Tremonti, che lo accusa di aver sbagliato tutto senza essere smentito. E’ abbastanza logico che chi è stato salassato dall’IMU, chi legge perplesso le amenità pubblicate in questi giorni a proposito del redditometro e chi è stato esodato perdendo insieme stipendio e pensione, non gli sia favorevole: a maggior ragione in quanto Monti non ha rispettato l’impegno ripetuto per un anno, quello di non ricandidarsi. Un voto a Monti sarebbe un atto di fede cieca in un personaggio che forse è serio, che forse fa davvero del suo meglio, ma che non merita davvero il minimo atto di fede cieca.
Ora, per fortuna, a condannare Monti è arrivato un editorialista del Financial Times. Si chiama Wolfgang Münchau, un nome di assonanza tedesca. Dice che Monti ha sbagliato tutto e che l’austerity da sola non basta. Poi fa capire che Monti rassomiglia ad “Heinrich Brüning, penultimo cancelliere della Repubblica di Weimar, esponente del centro cattolico, che con le sue politiche economiche contribuì ad aggravare il disagio sociale, favorendo così l’ascesa del nazismo”, trascurando che il nazismo era appoggiato a forti squadracce paramilitari di cui in Italia, finora, non esiste traccia. E soprattutto dimenticando, in piena campagna elettorale, di suggerirci un nome. Peccato che, ovviamente, tra i candidati non ce ne sia uno. Peccato che non mi sia candidato io, ma non ci ho pensato: in fondo ho davanti una vita, ho solo un anno più di Berlusconi.
Per questo scrivo a voi: perché solo voi potete aiutare. Non soltanto me, ma tutti quelli che cercano di essere razionali ma non capiscono cosa stia succedendo. E che, al meglio, non potendo avere le idee chiare e non volendo votare a casaccio, non lo voteranno: così come non voterò io, a meno che cambi qualcosa.
Negli ultimi anni ho scritto diverse volte ai grandi giornali. Non ho mai trattato di argomenti banali perché non ne ho l’abitudine. Ho solo trattatoi di argomenti fuori moda. Non ho mai avuto il minimo riscontro.
Ebbene, ora mi sembra che, per i motivi appena elencati, l’emergenza sia più grave del solito. E credo che, se non saprete o non vorrete rispondermi, dovrete capire che non state facendo solo il danno dei vostri lettori, ma soprattutto il vostro. Così come sono convinto che, se non saprete o non vorrete battervi perché il costo della politica e dell’apparato burocratico sia ridotto drasticamente e che chi ha rubato o si è approfittato della politica sia emarginato e processato, perderete l’occasione più importante del secolo. Oggi è il momento dell’invettiva e dell’accusa seria, senza peli sulla lingua, non più quello della denuncia morbida, educata e sotto tono. I delinquenti, gli inetti, i ladri, gli opportunisti devono scomparire a furor di popolo, e solo voi siete in grado di scatenare questo furore: guai a noi e a voi, se continueremo a subire anche in futuro il potere così come lo abbiamo conosciuto finora. A meno che non si voglia seguire la logica del “quanto peggio tanto meglio” che, in ultima analisi, sembra proprio la prospettiva a cui stiamo andando incontro.
Filippo Bonfiglietti