Negli atti ufficiali del Comune di Ormera una lettera del 3 novembre 2011 dell’allora sindaco Gianfranco Benzo sul tema ‘Prossimi disastri ambientali’. Una cassandra, un uccello del male augurio, eppure quel che è accaduto con gli eventi alluvionali del 24- 25 novembre 2016 fa riflettere. Non c’entra l’avevo detto, vi avevo avvertito. C’entra il ruolo di prevenzione dei Comuni, degli organi istituzionali competenti dove ognuno è chiamato a fare la propria parte, senza sconti e senza scuse. Altrimenti i risultati possono essere ora disastrosi, ora sulla pelle dei cittadini. Le ferite di Ormea, alla vigilia della stagione turistica, delle feste e delle manifestazioni, i disagi per cittadini di cui nessuno scrive e non fanno notizia, purtroppo.
Parliamo, ad esempio, dei danni al Ponte di San Pietro, interrotto da novembre, che obbliga uno dei pochi allevatori rimasti a Ormea, con stalla dall’altra parte del fiume, a viziosi percorsi per accudire i propri animali.
Parliamo di ciò che resta del “ponte soprano di Barchi” con i rabberciamenti di fortuna ai sottoservizi che lo attraversavano (acquedotto, cavi, ecc). Non basta. La cosa più inquietante è la gran quantità di materiale depositato dal fiume a monte dell altro ponte di Barchi. Dopo il 1994, realizzando le difese spondali il fiume, è stato di fatto canalizzato, in grado di smaltire una calcolata piena “cinquecentennale”. Ma il “canale” è pieno di ghiaia e sassi, c’è minor spazio per l’acqua, il fondo è sopraelevato e la luce libera del ponte è di gran lunga ridotta. Un’altra piena come quella di novembre scorso ed è facile profetizzare che l’acqua sarà nelle case di Barchi Breo.
La lettera di “allerta” del sindaco Benzo, inviata in Regione ( Assessore all’Ambiente e alla Protezione civile, Difesa del suolo, all’assessore all’Agricoltura e Foreste, al prefetto di Cuneo ), dopo i disordini meteorologici in Liguria del 2011, non ha avuto risposta. Probabilmente alla luce di quanto accaduto nessuno è intervenuto. Nessuno ha sollecitato, ha chiesto conto. O forse dal Comune di Ormea sono partiti altri solleciti, alla luce di quanto il primo cittadino in carica nel 2011 aveva messo nero su bianco, allertato. Purtroppo c’è una riflessione. Nel Bel Paese a volte non bastano i disastri, i danni ambientali, a suscitare l’indignazione, ci vogliono sciaguratamente delle vittime innocenti, dei morti per mobilitare le coscienze, provocare a catena l’intervento dello Stato e di chi lo rappresenta. Oggi, come allora, cosa è cambiato a Ormea ? E forse il discorso potrebbe essere esteso al comprensorio.
Benzo scriveva che quando legge di disastri ambientali in questa o quella zona d’Italia “sono obbligato a riflettere intorno a quanto, è inevitabile, capiterà prossimamente sul territorio del mio comune“. Un territorio solcato dal Tanaro e da innumerevoli corsi d’acqua con una superficie di oltre 124 kmq, in 30 anni la popolazione si è dimezzata. Nel 1994 alluvione del fiume Tanaro, danni spaventosi, 70 vittime in Piemonte e non è servito a nulla. “Sono stati spesi fiumi di denaro per arginature – ha scritto il sindaco – , per variazioni di percorsi stradali, per muri di sostegno a pendici frananti, per tante opere inutili destinate a sfasciarsi con il verificarsi del prossimo evento, anche meno eccezionale di quello del ’94”.
Il sindaco ricordava che le cause saranno state l’abbandono del territorio, la mancanza di prevenzione e soprattutto l’urbanizzazione e la cementificazione selvaggia. “Ma qui di selvaggio c’è solo la mancata, o la resa impossibile, applicazione delle leggi da parte della burocrazia, sempre solo volta alla ricerca del codicillo necessario a negare o a reprimere, mai al fare sensato”.
In Comune di Ormea, proseguiva Benzo, non si costruisce più dagli anni ’70, da quando è scoppiata la crisi economica della valle; si è solo assistito ad una rapido spopolamento con l’abbandono anche delle terre coltivate, per la sopravvenuta impossibilità, normativa ed economica, di utilizzo del territorio. Provate anche solo a tagliare un albero per fare legna da ardere, ad accendere un fuoco per bruciare sterpaglia così come si è fatto per secoli, fare il minimo movimento del terreno: compireste una serie di reati, che quelli di mafia sarebbero meno gravi. L’agricoltura in territori di montagna come Ormea ha profondamente mutato il naturale assetto superficiale del suolo. Alcuni boschi e cespuglieti sono diventati pascoli, altri sono stati ciglionati.
Nel Comune di Ormea sono state individuate 26 aree terrazzate per oltre 2100 ettari. Ed emergono diffusi principi di dissesto. L’area sovrastante la statale 28 di 46 ettari, in passato utilizzati per seminativi e vigneti, presenta evidenti segni di cedimento dei muri. Muri crollati sono visibili. C’è poi il discorso del bosco. La sua efficienza è migliore di quella di piante singole perchè riesce ad utilizzare tutta òla gamma della radiazione solare. La biomassa di un bosco è costituita dalla parte sopra il suolo, ma sotto la superficie terrestre, nell’apparato radicale, se ne trova altrettanta. Se il bosco è vecchio la sua biomassa, compresa quella del sottosuolo, è stabilizzata. Se il bosco viene coltivato con l’abbattimento delle piante vecchie consentendo a quelle giovani di svilupparsi, aumenta la resa in legno, viene sottratto più carbonio all’atmosfera e fissato dagli alberi nella crescita. Sulle montagne di Ormea, rimarcava Benzo, l’abbandono dei pascoli ha comportato cambiamenti notevoli al bilancio idrico del paesaggio. A fondo valle i nubifragi fanno gonfiare gli alvei dei corsi d’acqua. Spesso sono ridotti a boscaglia con qualche rigagnolo dove la presenza di materiale inerte e di fitta vegetazione fanno salire i rischi di esondazione. L’innalzamento dell’alveo in località Gorreto, Isola Scura, Barchi, eccetera è evidente anche ai non esperti. Il Comune non ha risorse per intervenire. Il potere del sindaco sono le ordinanze urgenti per proteggere le esigenze della popolazione locale, non possono però essere usati gli strumenti ordinari per sconfiggere la situazione di pericolo imminente ed attuale che si è venuto a creare. “Non per scaricarmi da ogni responsabilità – concludeva Benzo – che ho segnalato il problema, semmai per sollecitare l’emanazione di provvedimenti e di norme legislative efficaci ed applicabili”.
Ormea dove anche il turista vede i lavori fatti in località Ceresè. Si parla di una spesa di 440.000 € per “salvare un immobile da possibili cadute massi”. Era davvero in pericolo? Le pietre non sono cadute nemmeno recentemente. Comunque sia resta le ferita di una passeggiata interrotta e che era tra le mete più frequentate dai villeggianti, dalle persone che non si possono permettere, per età, salute, o altre ragioni, camminate lungo le pendici dei monti che fanno del territorio di Ormea uno tra i più suggestivi delle Alpi Marittime.
Peccato che una lettera che di politichese non ha nulla, non sia stata divulgata, né fatta conoscere ai cittadini. Nell’Arma dei carabinieri si suol dire ‘lavorar tacendo’, mai però come in questo caso, con queste argomentazioni di interesse generale e non particolare, è importante la trasparenza, la conoscenza, l’informazione corretta, la pratica della democrazia che è il confronto. Certo, il silenzio assordante della Regione Piemonte con i suoi assessori competenti, non doveva essere taciuto, né nascosto. E’ un diritto dei cittadini tutti, di Ormea e ‘foresti’. Quel grido di dolore speriamo sia almeno oggi raccolto in modo costruttivo. Magari ampliato, aggiornato, coinvolgendo la comunità tutta dell’Alta Val Tanaro. Prima che sia ancora una volta troppo tardi.