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Liguria e Basso Piemonte

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Ospedale di Acqui Terme? No, è Atene


Nei primi due numeri di dicembre de L’Ancora sono comparsi due articoli relativi al futuro dell’Ospedale di Acqui Terme: purtroppo, la situazione è analoga a quella di Atene che piange e Sparta che, contemporaneamente, non ride. Il tarlo liberista che ha iniziato ad erodere le tutele sociali a cavallo tra anni Settanta ed Ottanta del secolo scorso, dopo aver appaltato o francamente privatizzato in tutto od in parte servizi pubblici essenziali ad alta rilevanza sociale come le Poste e Telecomunicazioni, l’Energia, i Trasporti, l’Acqua potabile e dopo aver allentato garanzie a favore dei soggetti più deboli, oggi intacca la Pubblica Istruzione, con tasse universitarie cresciute oltre ogni limite, istituzione di contributi farisaicamente etichettati come volontari nelle scuole elementari, medie e superiori; genitori ed allievi costretti a ritinteggiare le aule o bidelli facenti capo a cooperative e, soprattutto, da qualche anno a questa parte è intaccato il servizio più importante di tutti: la Sanità. Infatti, è in atto uno smantellamento della rete di assistenza, allo scopo di scoraggiare l’utenza e costringere chi può permetterselo, in solvenza diretta o tramite assicurazioni, di rivolgersi al settore privato, perseguendo il quanto mai ignobile scopo di trasformare l’esercizio di servizi pubblici in attività economiche al pari di una qualunque officina o laboratorio o cascina agricola.

LAURETO IN SCIENZE POLITICHE DIVENTA ESPERTO DI SANITA’ PUBBLICA – Calandosi nella realtà locale, viene, innanzi tutto, da domandarsi come possa un laureato in Scienze Politiche, formato a tutt’altra attività, gestire un settore così delicato e particolare come la Sanità, con l’aggravante di aver affermato di applicare delle direttive Nazionali provenienti da un Ministero retto da persona nemmeno laureata, ancorché, al momento attuale, in carica per lo svolgimento degli affari correnti. Inoltre, molti politici parrebbero soffrire di delirio d’onnipotenza, dimenticando che – non sia mai – potrebbero essi stessi trovarsi nella condizione di Pazienti e, pertanto, avere bisogno di strutture sanitarie: quelle stesse strutture sanitarie che hanno contribuito ad affossare o ad eliminare. Il riferimento ad un piano di rientro denota, nel caso in cui fossero necessarie ulteriori prove, uno scadimento verso il basso, dove gli unici valori che interessano sono quelli si misurano in denaro: pur essendo un primario obiettivo la gestione oculata, la ricerca del risparmio non può essere un obiettivo per il cui perseguimento si perde quell’efficacia indispensabile, anche in assenza di efficienza, visto che si tratta di servizio sanitario; caso mai, le risorse finanziarie si possono trovare applicando correttamente l’articolo 53 di quella Costituzione mai pienamente attuata e più volte modificata in peggio, a sfavore del popolo intero per favorirne pochi componenti ed è a tutti noto quali essi siano.

COSA ACCADE NEL NOSOCOMIO DI ACQUI – Veniamo ora alla disamina della particolare situazione Acquese. Chi scrive ha avuto modo di constatare personalmente, durante tre semestri di volontariato gratuito svolti all’interno del nosocomio dedicato a Monsignor Galliano, l’operato degli illustri colleghi i quali, solo grazie a capacità professionali di ben altra levatura rispetto a quelle dello scrivente e ad una non comune dedizione ai doveri di servizio, hanno dovuto far fronte alle varie difficoltà che via via si sono presentate lungo il cammino, non ultima quella di una cronica deficienza d’organico, che costringe ad un impegno anche fisico non indifferente. Difendere l’Ospedale e le sue Divisioni non rappresenta il tirare l’acqua al proprio mulino, tanto meno una battaglia di retroguardia, ma la tutela delle esigenze di salute della popolazione.

Se, da una parte, avere un’ampia casistica rappresenta un vantaggio derivante dall’acquisire determinati automatismi nell’agire, dall’altra, per trattare questi grandi numeri di casi, occorre potenziare il servizio, o, quantomeno, avere un bilancio netto che non comporti perdite, ma, nella pratica, si stanno affossando se non smantellando completamente certi Ospedali (la vergogna del Mauriziano di Valenza è sotto gli occhi di tutti, con i cittadini oltremodo adirati) lasciando invariato nelle strutture e nell’organico l’Ospedale di Alessandria.

Si deve altresì osservare che, anche nell’ipotesi più favorevole di avere un grande nosocomio nel Capoluogo, dove, a questo punto, vi sarebbero i numeri per istituire anche un corso di laurea in Medicina e Chirurgia, il Distretto Sanitario di Acqui Terme è una zona geograficamente ampia ed orograficamente impervia, dove i trasporti rappresentano un anello molto debole nella catena del trattamento: se esistono pochi kilometri di strade percorribili a velocità ragionevolmente elevate, il resto della rete è costituito da viabilità minore quando non agricola di stretta prossimità e l’elisoccorso, anche se fosse disponibile a costo zero, in condizioni atmosferiche avverse, evento tutt’altro che raro nei nostri areali, non potrebbe in alcun modo essere operante.

IL PAZIENTE DI CARDIOLOGIA – In un contesto come questo, un paziente cardiologico, per il quale accedere nel più breve tempo possibile ad un ambiente protetto anche solo per ricevere una diagnosi sufficientemente precisa ed una stabilizzazione, nel caso in cui debba essere inviato ad altre strutture, rappresenta una necessità inderogabile dovrebbe trovare questo servizio a distanza ragionevolmente breve e non essere costretto a raggiungere Alessandria od Asti o Novi Ligure o Savona: già arrivare ad Acqui Terme o, a più basse latitudini, a Cairo Montenotte, dove si trova parimenti un’Ospedale fortemente depotenziato, in certe situazioni potrebbe essere problematico e, comunque, rappresentare l’unica ancora di salvezza.

PRONTO SOCCORSO CON UN SOLO MEDICO – I citati Ospedali distano circa 45 km l’uno dall’altro: anche troppo, considerate le condizioni al contorno; la distanza tra la struttura di Savona e quella di Alessandria, invece, è più che doppia. È dunque assolutamente privo di senso lasciare ad Acqui Terme solo un Pronto Soccorso semplice, con un solo Medico a sobbarcarsi il lavoro notturno, così come, parimenti insensato è il punto di primo intervento in un Ospedale come quello di Cairo Montenotte, posto in un’area industriale e, come tale, punto di riferimento per un’utenza particolarmente vulnerabile. Per quanto riguarda Acqui, si deve aggiungere che la Città è un’importante stazione termale e, per quanto si possa dissertare in merito alla valenza cosmetica, ludica e ricreativa e non ostanti politiche controproducenti come la privatizzazione o la creazione di un’immagine di tipo commerciale, le terme sono un presidio sanitario a tutti gli effetti ed ai frequentatori dovrebbe essere offerta la certezza di poter contare su di un Ospedale pronto a soddisfare eventuali loro esigenze derivanti dal loro stato od insorte improvvisamente durante il soggiorno e lo stesso dicasi per gli altri turisti, che, temporaneamente presenti sul nostro territorio, potrebbero incorrere nella malaugurata eventualità.

IL DIPARTIMENTO DI MEDICINA INTERNA – Ben venga un Dipartimento di Medicina Interna, ma, all’interno di questo, la Divisione cardiologica non deve mancare: un Medico Cardiologo deve essere sempre presente, non solo reperibile e sarebbe auspicabile avere anche un Pneumologo, almeno con lo schema proposto per il Cardiologo, ma fortemente inadatto per far fronte alle necessità dei Pazienti già ospiti del nosocomio e di quelli che, anche improvvisamente, potrebbero arrivare. Giustissimo valorizzare anche l’assistenza territoriale, ma questa riguarda l’elezione, non l’urgenza e, in ogni caso, è impensabile condensare i Medici generici in un’unica struttura, giacché la Medicina di gruppo potrebbe avere senso in realtà densamente popolate come quelle di una grande Città, ma è controproducente in agglomerati di dimensioni minori oppure in un contesto rurale, come quelli che caratterizzano gran parte del Piemonte, in ispecie se in area di alta collina o di montagna.

OSPEDALE O POLIAMBULATORIO ? Molte delle tanto sbandierate attività presenti presso il Presidio Acquese non sono tipiche di un Ospedale, bensì di un poliambulatorio evoluto: basti pensare che, dopo avere, con manovra quanto mai stigmatizzabile, chiuso il punto nascita in nome di chissà quale riorganizzazione, visto che le altre strutture della Provincia sono più intasate di prima, la Chirurgia ginecologica d’elezione non può essere più eseguita perché il servizio è classificato ambulatoriale; prima esisteva un dignitosissimo Dipartimento di Scienze Chirurgiche, cui facevano capo una Divisione di Chirurgia Generale, una di Otorinolaringoiatria ed una di Urologia, dove si eseguivano anche interventi di notevole complessità, ma il futuro sembrerebbe tutt’altro che roseo. Infatti, si legge dagli organi di stampa che, in futuro, gli interventi chirurgici generali dovranno essere limitati alla Chirurgia di parere o poco più, l’Otorinolaringoiatria è, al pari della Chirurgia Generale, già fin d’ora sotto organico per le reali esigenze della popolazione e l’Urologia è ridotta ad un solo Medico, che, ovviamente, non può, da solo, eseguire interventi di un certo rilievo.

Dove si rivolgeranno i Pazienti, se il Dipartimento di Scienze Chirurgiche viene via via smantellato fino a ridurlo, come prevedibile, ad un servizio poco più che ambulatoriale? In elezione, sempre che la rete sia correttamente dimensionata, il recarsi in una struttura di grandi dimensioni posta a distanza maggiore, supposto – lo ribadiamo – di avere letti, attrezzature e personale a sufficienza, comporta un disagio, che potrebbe anche essere considerevole nel caso di Pazienti anziani o debilitati o provenienti da zone periferiche, ma, in urgenza, le conseguenze potrebbero essere molto più gravi e spiacevoli, per tacere dell’inopportunità di un Paziente dalle sue zone, rendendo difficile il supporto che parenti ed amici potrebbero offrirgli in un momento quanto mai delicato.

RIORGANIZZARE GLI UFFICI AMMINISTRATIVI – Se si deve riorganizzare la Sanità mediante accorpamenti, questo potrebbe riguardare gli uffici amministrativi, la cui attività ben si può giovare dell’aiuto fornito dalle tecnologie informatiche, ma non è affatto vero che non vi siano esigenze da soddisfare anche in aree periferiche, tanto è vero che assistiamo ovunque al dilagare di strutture private, cui la popolazione si rivolge non trovando risposta ai suoi bisogni nelle sedi che istituzionalmente sarebbero deputate a farlo o, quanto meno, tale risposta giunge con notevole ritardo: la lunghezza delle liste d’attesa è, infatti, a tutti nota. Da un punto di vista geografico, si fa riferimento a collaborazioni tra Unità Sanitarie di Province diverse (Urologo), ma, per contrappasso, allorquando un Paziente si trovi in ambulanza ed abbia nelle vicinanze un Ospedale, però situato in una Regione diversa da quella cui l’ambulanza fa capo, non è affatto automatico che sia trasportato nella struttura più vicina, bensì, il più delle volte, è dirottato verso un’altra, anche più lontana, purché situata nell’ambito regionale, in barba ad ogni principio di deontologia professionale e, ancor più grave, ad ogni più elementare regola di buon senso.

Roberto Borri


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