Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Lettera di un sindaco in trincea / Sestriere, Cortina, Livigno uniche montagne note a politici e burocrati. E noi ? Zero autonomia


Sono rattristato. Purtroppo nessuna buona nuova per le Montagne. Da pubblico amministratore montanaro non sento che parlare di accorpamenti di comuni, di cancellazioni di province, di soppressione di tribunali, di ospedali, di linee di trasporto, e di altro in nome dei risparmi. La crisi economica degli ultimi anni, è vero, non ammette sprechi.

Il dr. Gianfranco Benzo, sindaco di Ormea

 La Politica non ha il coraggio di fondere i Comuni perché pare una ricetta fascista o comunista. Propone ed enfatizza le “Unioni”, destinatarie della gran parte delle funzioni dei Comuni con popolazione fino alla soglia di 5 mila abitanti ( 3 mila in montagna, è l’unica differenza tra il piano e il monte) prodromici centri di ulteriore burocrazia, di potere e di spesa. Quando si verificherà che non avranno funzionato (come non hanno funzionato le Comunità Montane, peraltro per legge esse stesse “Unioni”), le fusioni dei comuni saranno inevitabili !

 Anche alcuni amministratori montani che bevono alla sorgente della partitica non lo capiscono. Ho letto molto sull’argomento, ma nessuno ha ancora spiegato come le Unioni potranno essere centri di risparmio.

 Ad esempio, il Ddl Del Rio è piuttosto ambiguo e foriere di nuove spese: in contrasto con il TUEE, il Segretario delle Unioni sembra una figura facoltativa. L’ Unione potrà essere priva di una figura che la legge prevede per tutti i Comuni ?

 Sarà una questione di estro degli amministratori destinati ad essere facile obiettivo dei Pm ?

 Di fatto si intende aggregare i piccoli Comuni montani con i Comuni più grandi posti a valle, con il risultato di azzerare la specifica rappresentanza democratica delle popolazioni di montagna ed il loro storico impulso all’autogoverno.

 Se vogliamo rilanciare la montagna da vivere, la strada da percorrere va decisamente nella direzione opposta: autonomia.

Solo non ci si sbaglia a individuare nello spopolamento il pericolo di collasso della nostra montagna, la Val Tanaro corre i maggiori rischi dal punto di vista economico e sociale

 La crisi economica si affronta in modo credibile solo con pratiche quotidiane e forme strutturali di autonomia, come hanno fatto in Svizzera dove l’ordinamento federale su base cantonale immunizza da qualsiasi forma di centralismo, sia nazionale che regionale.

 La necessità è di porre al centro della discussione una proposta che dia autonomia e responsabilità alle popolazioni che abitano la montagna, che la conoscono, che la vivono anche con sacrificio e che abbiano esigenze comuni.

 L’omogeneità stimola il mutualismo, la cooperazione, la sussidiarietà

 Spesso i “Soloni” dell’italico riordino amministrativo non sanno che piccoli comuni delle Alpi amministrano territori immensi, altri non sono che modesti villaggi.

 Serve addivenire a un nuovo concetto di montanità che qualifichi come montani esclusivamente quei territori con caratteristiche montane vere, anche se a volte molto diverse tra loro..

 Per rimanere nella mia alta Val Tanaro, nel territorio di Comunità Montana ante 2007, mi sai dire cosa c’ è di omogeneo, ad esempio, tra il comune di Nucetto (7,64 kmq, 436 abitanti), di Ormea (124,3 kmq, 1800 abitanti) ed Alto (7,58 kmq, 121 abitanti) ? Non hanno in comune neppure la parlata, usano tre diversi dialetti !

 La montagna merita autonomia.

 La prima forma di autonomia è quella di lasciare recuperare ai comuni gli istituti premoderni di auto-organizzazione economica-sociale-politica. Quando è subentrato lo stato assistenziale, ora in crisi, si era prefisso di assicurarli a costi sempre più elevati, ormai insostenibili. La montagna deve rimanerne senza ?

 La democrazia comincia dal comune, che è cosa dei cittadini.

 L’autogoverno continua nella Regione, che come lo Stato da sé si fa le sue leggi. Le forme intermedie sono inutili.

 Per contribuire a risollevare la sua montagna, il Piemonte può ben utilizzare l’ articolo 116 della Costituzione, lì dove consente ad una Regione di contrattare forme particolari di autonomia per sé o per una parte del suo territorio.

 Sono ridondanti, ma ad esempio, se i “partiti” proprio sentono la necessità di un Ente intermedio, perché la Regione Piemonte, in luogo delle misere Unioni, non istituisce le “Province montane autonome” (su soli territori veramente montani per gestire la vera montanità : trasporti, viabilità, BIM, impianti di risalita, ecc.) ?

 La capacità di riattivazione di forme di auto-organizzazione può rappresentare la soluzione per fornire quei servizi che lo Stato non è più in grado di assicurare a costi sproporzionati ai decentrati comuni di montagna che già soffrono per la chiusura di uffici postali, banche, strutture sanitarie, ma anche per riattivare circuiti di microeconomia informali.

 Per realizzare qualcosa servono le risorse, ma anche l’eliminazione dei vincoli e delle pastoie burocratiche. Per “fare” non servono le costose Unioni montane. Se due o più comuni montani hanno bisogno di attivare iniziative sovracomunali sono perfettamente in grado di mettersi d’accordo. Hanno tutti gli strumenti per farlo senza dover delegare ad ulteriore burocrazia.

Guarda cosa è successo sulle montagne italiane con le Unioni montane che si chiamavano Comunità Montane:

 Il blu e l’azzurro rappresentano lo “spopolamento”, rispecchiano proprio i confini piemontesi: non possiamo anche noi adottare leggi e procedure come i dirimpettai francesi o svizzeri ? Vogliamo perseverare nell’ errore ?

 Si ri-chiudono le comunità montane che la legge dice essere delle “unioni di comuni montani” e si creano le “unioni montane di comuni” che si avvarranno dei beni e del personale dipendente dalle stesse comunità montane, che hanno fallito il loro compito.

 Come si può unire la disomogeneità ?

 Non siamo nella Sicilia de “Il gattopardo” dove tutto cambia affinchè nulla cambi“.

 La questione è veramente da meditare bene perché maggiori forme di autonomia e di autogoverno sono necessarie per gestire problemi e risorse secondo la logica propria di un territorio di montagna. In passato avevano individuato i Comuni ed hanno funzionato per oltre un millennio. Negli ultimi cinquant’ anni hanno inventato le Comunità montane, le Unioni, i Comprensori, ecc, ma non hanno funzionato. Vogliamo perseverare nell’errore.

Ormea, 09.01.2014

Gianfranco Benzo

DOCUMENTO N 2

LETTERA ALL’ASSESSORE GIAN LUCA VIGNALE DELL’ 8 dicembre 2013. Gent.m Sig. Assessore

Gian Luca Vignale

Regione Piemonte

TORINO

Considerazioni sul disegno di legge sulla Montagna Piemontese.

Scusa, ma dopo averti conosciuto ed apprezzato non posso non trasmettere le considerazioni di un montanaro di trincea ad un cittadino.

E’ l’ora della concretezza per il futuro della montagna, ma la politica, saldamente nelle mani della propria burocrazia autoreferenziante sta sbagliando ancora ! Tutto per togliersi il bubbone delle Comunità montane. In montagna non ci si è accorti di esse. Basta con la falsa democrazia.

Il disegno di legge regionale sulla montagna dimostra che i soloni dell’italico riordino amministrativo non conoscono la fragilità e le difficoltà dei territori montani amministrati dai piccoli comuni: il Piemonte ha la testa ed il cuore saldamente incardinati nella pianura padana. Poi c’è il lembo periferico delle montagne. Mille montagne diverse e disomogenee come la nostra Val Tanaro dove la popolazione è scarsa, non ha peso politico-elettorale ed è sempre tentata dalla voglia di andarsene.

Stanno abolendo le province, ma dopo l’introduzione delle Regioni dal 1970 abbiamo assistito alla creazione ed alla scomparsa di un mucchio di forme associative tra enti. Non hanno funzionato i comprensori, le unioni di comuni, le comunità montane fatte, rifatte e in altre Regioni abolite da tempo.

Intanto sono stati  creati uffici e burocrazia spostati da un ente all’altro con disagi ed intoppi alla vita amministrativa.

Come se non bastasse si ri-chiudono le comunità montane che la legge dice essere delle “unioni di comuni montani” e si creano le “unioni montane di comuni” che si avvarranno dei beni e del personale dipendente dalle stesse comunità montane (e dei comuni che ad esse parteciperanno, art. 32 D.Lgs 267/00) che hanno fallito il loro compito.

Come si può unire la disomogeneità ? Non siamo nella Sicilia de “Il gattopardo” dove ”tutto cambia affinchè nulla cambi”.

Le previste nuove Unioni montane – con spese correnti sicure per personale ed organizzazione – verosimilmente gestiranno un fantomatico fondo regionale per la montagna alimentato da “quote” di entrate regionali incerte di cui  non è dato di conoscere  preventivamente l’ammontare.   Andrà tutto in spesa corrente ?

Per come è congegnata, l’Unione sarà comunque un inevitabile centro di spesa, di burocrazia, di discussioni interminabili, di spreco di risorse.

Persino il Presidente Enrico Letta  parlando di montagna, a Longarone il 15 ottobre scorso, ha detto : “Conosco tutte le specificità (della montagna) e bisogna intervenire per evitare assimetrie istituzionali che non hanno senso: a questo territorio serve un’autonomia forte” .

La montagna nel rapporto con le altre aree territoriali è stata fortemente penalizzata dalla statizzazione che l’ha spogliata di capacità di autogoverno e di risorse e l’ha penalizzata.

Guarda come è stata ridotta la montagna alpina italiana, rispetto alle Alpi degli altri paesi europei: il blu è quasi tutto in Italia ! Ci sarà un motivo ?

La montagna merita autonomia.

La prima forma di autonomia è quella di lasciare recuperare ai comuni gli istituti premoderni di auto-organizzazione economica-sociale-politica che quando è subentrato lo stato assistenziale ora in crisi, si è prefisso di assicurare a costi sempre più elevati.

La democrazia comincia dal comune, che è cosa dei cittadini.

L’autogoverno continua nella Regione, che come lo Stato da sé si fa le sue leggi. Le forme intermedie sono inutili.

Per contribuire a risollevare la sua montagna, il Piemonte  può ben utilizzare l’ articolo 116 della Costituzione, lì dove consente ad una Regione di contrattare forme particolari di autonomia per sé o per una parte del suo territorio.

La capacità di riattivazione di forme di auto-organizzazione può rappresentare la soluzione per fornire quei servizi che lo Stato non è più in grado di assicurare a costi sproporzionati ai decentrati comuni di montagna che già soffrono per la chiusura di uffici postali, banche, strutture sanitarie, ma anche per riattivare circuiti di microeconomia informali.

Per realizzare qualcosa servono le risorse, ma anche l’eliminazione dei vincoli e delle pastoie burocratiche. Per “fare” non servono le Unioni montane.

In particolare sul nostro territorio l’ “Unione montana del Tanaro (?)”  avrebbe la superficie di circa 405 chilometri quadrati abitata da circa 7830 montanari.

Come si può interpretare ? Un ente istituito per dare una sedia a qualche politico trombato ? Un ente per dare occupazione a qualche fedelissimo di partito perché scruti dal di dentro ? Un ente per parcheggiare del personale, nella speranza che qualcosa accada nei prossimi 10 anni ? Ma quale produttività potrà assicurare un ente del genere ?

I comuni e i loro amministratori ai quali la legge ha recentemente affibbiato funzioni (e responsabilità) fondamentali,  non sono fortunatamente obbligati a far parte di unioni montane pur essendo comunque conferitari delle medesime ed interferenti funzioni  che l’ Unione  dovrebbe svolgere “in particolare”.

Con riferimento alle funzioni fondamentali costituzionali, tre comuni della probabile futura Unione  hanno a suo tempo deciso di svolgerle in convenzione, strumento molto più snello della organizzazione di un nuovo Ente.

Rappresentano il 70% della popolazione e il 75% della superficie al contempo alpina ed appenninica. La Regione potrà discriminare una simile realtà ?  Potrà trattare quel territorio montano in maniera diversa ?

La questione è veramente da meditare bene perché maggiori forme di autonomia e di autogoverno sono necessarie per gestire problemi e risorse secondo la logica propria di un territorio di montagna. In passato avevano individuato i Comuni ed hanno funzionato per oltre un millennio. Negli ultimi cinquant’ anni hanno inventato comunità montane. Unioni, comprensori, ecc, , ma non hanno funzionato.

Grazie per la considerazione.

 

Gianfranco Benzo – Sindaco di Ormea

 


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