Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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La transumanza da Upega, Carnino e Viozene sulle colline di Peagna con Pierin ù Pastù


L’economia del nostro paese insieme all’Inghilterra era rivolta alla pastorizia specialmente nelle zone dove le montagne e la pianura permettevano la transumanza. Nel nostro territorio avveniva tra le popolazione occitane residenti a Upega, Camino e Viozene e il territorio di Peagna con le sue Frazioni. Ceriale nel periodo romano non esisteva, passando la via Julia dal capo Santo Spirito, vicino all’attuale cimitero, dove in seguito fu costruito un forte con quattro torri, scendeva nel rio Marixe, attuale via Pontetto, continuava sulla via Romana, via Rollo, via del Cristo ed entrava in Albenga.

In marcia sui sentieri mancava la strada da Upega a Viozene

Una, una strada scendeva dal convento al mare dove la spiaggia era molto ampia fino ad Albenga, infatti la torre quadrata costruita nel medioevo era sul mare con una spiaggia di 50 metri, sulla spiaggia canneti, macchia mediterranea, poi dopo il Torsero palude fino al ponte lungo.

Ritrovamenti romani, in zona castello, tombe in regione Rollo via per Peagna, in seguito con il medioevo una strada scendeva verso il mare dal capo una piccola chiesa San Sebastiano, un sito religioso sull’attuale parrochia, la torre forse costruita prima del 1400 in riva al mare, sulla via Romana una piccola chiesa sulla fascia superiore, demolita dai Tedeschi con esecuzione bunker, San Eugenio, chiesa di San Giorgio.

Peagna l’insediamento più antico nella nostra zona con frazioni e tratturi di collegamento con il mare passando dalla sorgente del Cuore, via Rivoire, via Borgo,la spiaggia, verso Salia con piccola cappella, costruzioni adibite a stalle prima e dopo il Torsero, chiesetta dirrocata con segni di afreschi verso Campochiesa e i sentiero cche dopo Salea scende a Cisano, Martinetto, Castelbianco, Nasino, Alto, Caprauna, Cantarana, Ponti di Nava, Viozene, Carnino e Upega.

Costruzioni sparse sulle nostre colline denominate caselle, stalle grandi e piccole disseminate dalle pendici del castello, intorno a Peagna, vicino al confine di Campochiesa e poi l’economia di Peagna con innumerevoli gumbi nelle case, l’asino che muoveva la ruota, la stanga che pressava i sportin, le vasche di raccolta dell’olio, la sansa, le giare e tutta la liturgia della raccolta e del trasporto peri baratti con i pastori consistente in sale,olio,vino,frutta e verdure ricovero nelle stalle e nei stazzi pascolo sulle colline, in cambio i pastori davano agnelli, latte, formaggi, quagliata, pulizia sotto gli uliveti e sposavano le donne di Peagna.

Gli ulivi arrivavano al mare intervallati alle vigne, in seguito Ceriale era famosa per i meloni, prima della ferrovia l’economia era molto povera, soldi nibba, la popolazione viveva in condizioni primitiva, la casa era per dormire, la cucina un antro nero di fuliggine e puzzolente, spesso dietro c’era la stalla per l’asino o il mulo, il trasporto era a basto sui tratturi che collegavano Salea .

Transumanza da San Bernardo di Conio

Le pecore ad Upega venivano portate ai pascoli da alcuni pastori che raccoglievano gli animali di tutti i proprietari del paese, quando alla sera ritornavano alle stalle ogni pecora riconosceva la sua stalla e Vi entrava per la notte, sempre alcuni pastori partivano da Upega, Carnino e Viozene raccogliendo tutte le pecore del paese, il tragitto durava tre giorni ci si fermava da parenti, da amici dove esistevano stazzi e stalle e luoghi per dormire, ma si dormiva anche all’addiaccio sotto le stelle, gli agnelli che nascevano si portavano in spalla, se un animale si stortava una gamba alcuni pastori era in grado di sistemarla, l’alternativa era sopprimere 1a pecora, a Ceriale si ricorda Pierin ù Pastù che massaggiava, tirava, ungeva, un male del diavolo, spesso eliminava il dolore .

Gli animali era portati sotto gli uliveti dove brucavano l’erba per facilitare la raccolta delle ulive, raccolta che veniva eseguita a mano con un sacchetto all’allacciato in vita dopo che gli ulivi erano battuti con delle canne, mettendo anche dei sacchi sotto le chiome, poi le ulive si portavano nei magazzeni, ma non venivano frantoiate subito, si aspettava di averne una certa quantità, naturalmente spesso il mucchio di ulive si scaldava e l’olio era rancido, anche il vino dopo la prima torchiatura si buttava dell’acqua si torchiava di nuovo e si faceva la vinetta, bevuta regolarmente per ovviare alla qualità dell’acqua del pozzo, spesso non salubre, solo che la vinetta nei primi mesi era buona e veniva spillata dalla botte con la pugioa, poi prendeva il punto ma ci si abituava.

Il baratto si accordava con l’affitto delle stalle dei ricoveri, dei prati sulle colline dallo scambio con i prodotti della terra della pulizia degli uliveti, la vita era grama, lavarsi forse alla domenica e alle feste, parassiti a gogò, mosche, zanzare, tafani, pulci, zecche, pidocchi ecc., i pastori si facevano i vestiti, le scarpe, i cappelli, con la lana meno pregiata con la tecnica del feltro, con le pelli il riparo dalla pioggia e dal freddo, d’inverno chi restava al paese lavorava il legno producendo utensili, mobili, vasellame e legname, il bosco delle navette deve il suo nome all’utilizzo del legname per la costruzione dei bastirnenti, i tronchi venivano gettati nel fiume per portarli a valle specialmente da Upega, non c’era la strada ed il sentiero aveva nel punto più critico una ferrata, soltanto negli anni 50 Feltrinelli in cambio del legname del bosco costruiva l’attuale strada, gli abitanti di Peagna con tutte le sue Frazioni producevano anche il sale con l’acqua di mare e nella palude coltivavano la canepa, si pescavano le anguille con il massame e l’ombrello, la caccia era importante per la quantità del passaggio degli uccelli e di quelli stanziali, reti, Visco e trappe concorrevano all’alimentazione, cinghiali, daini, cervi, tassi, volpi, porcospini si prendevano con trappole ed altri mezzi, il mare era li per caso, a parte il sale portava soltanto tragedie, pesci neanche a parlarne, anche i pellegrini erano un problema per le epidemie.

Poi c’erano le sagre e le feste dei santi, il mercato, i cantastorie, i cori con le canzoni del mare e della montagna, i balli occitani e altri, lo scambio di merci, le conoscenze e per fare una bella festa botte da orbi, l’uomo forte era tenuto in considerazione si alzavano gli assali dei carri con le ruote tipo bilancere, la corsa nei sacchi,l’albero della cuccagna, la corsa degli asini, ecc. Si ritornava ciucchi e picchiava la moglie tipo proverbio cinese.

Spesso ci si sposava tra parenti, alcune famiglie avevano lo stesso cognome, specialemte in montagna ad Upega erano tutti Lanteri, Viozene Pastorelli, Dolla, Dani ecc. I risultati non erano ottimi, il gozzo era diffuso, i bambini lavoravano appena possibile, i vecchi comandavano e lavoravano fino alla fine, le donne, come sempre, erano quelle che faticavano di più, c’era promiscuità, si dormiva tutti insieme, ma la morale nella comunità era blanda, non era un problema, ci si scaldava nelle stalle, con il focolare, ù preve, il braciere, un freddo cane, l’acqua gelata, la battuta hanno scoperta l’acqua calda non è così gratuita, qualche volta i figli avevano visi diversi dai padri ma la provvidenza provvede.

Ci si conoscevano tutti, ci si aiutava, le persone erano definite e schiette, c’era il ladro di galline o di verdure, ma una buona dose di botte definiva la situazione, comandavano i maschi alfa e il prete spesso era giudice e consigliere, i liguri in genere sono persone con ù risu reo, asciutti, tirati, lavoratori dal mattino alla sera, amicizia difficile ma sono uomini con carattere e personalità in un mondo di quaraquàquà.


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Giovanni Cerruti

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