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Savona, omaggio a Agostani, autodidatta e solitario. E Baj dona due opere al Comune


Pittore autodidatta istintivo e solitario fu estraneo ad ogni gruppo o scuola pittorica ma incline all’espressionismo. Osservatore diretto delle cose e della vita produsse opere di solida serietà derivante nei primi anni ’20 dalla temperie utopistica del socialismo umanitario. Ha esposto alla Quadriennale di Roma del 1939, alle mostre nazionali di Firenze, Napoli, Bergamo, Genova, Vado Ligure e Savona. E’ stato presente a tutte le mostre regionali e internazionali liguri. Sabato 25 Marzo, alle ore 18.00, con il patrocinio del Comune di Savona, s’inaugura la mostra presso GULLIarte in C.so Itlaia 201r .

Il pittore di Savona Antonio Agostani (1887-1977)

Agostani appartiene alla “parete della savonesità” quando per “savonesità” si intende al moto di affezione che ci lega ai pittori protagonisti dei fervori artistici ascrivibili a quel periodo del Primo Novecento, quando Savona diventa fecondo crogiolo di talenti.

Si può perfino visualizzare tale parete, dove in posizione centrale si trova il Peluzzi contornato da tutti quei nomi che ci suonano familiari e che generazione dopo generazione fanno ancora “presenza” per chi guarda la pittura anche con il desiderio di ritrovare tempi e luoghi appartenenti alla memoria della Città.

Gulliarte è una galleria che riesce a muoversi agilmente fra tradizione e nuove proposte, attenta a non tralasciare l’eredità artistica del Novecento, quanto propensa ad invitare il pubblico alla conoscenza di nomi emergenti ed espressioni innovative, dalla pittura alla ceramica, stimolanti per un collezionista curioso.

Ciò che propone la Galleria con l’omaggio ai “nostri” artisti del XX Secolo è anche l’invito ad una rilettura delle loro opere con la sensibilità di uno sguardo contemporaneo.

Dalla “parete della savonesità” Antonella Gulli ha idealmente staccato Antonio Agostani e lo ha portato in galleria. Per il pubblico che ne conosce il percorso sulla tela è motivo, appunto, per rendere omaggio ad una “persona cara”, per i visitatori che ne fanno la conoscenza è occasione per vedere una buona pittura, onesta, sincera, nata per predisposizione naturale e condotta, lungo tutta una vita, per autentica vocazione immune da influenze estranee alla declinazione pittorica secondo “lo stile Agostani”.

Rare sono le concessioni alla tavolozza che l’artista si concede dipingendo qualche paesaggio cromaticamente acceso; il pennello preferisce intingersi nella neve o nel verde freddo del mare immobile nella darsena.

La pittura di Antonio Agostani è una sorta di “fede laica” che l’artista manifesta con il trasporto e l’attenzione verso il mondo degli “ultimi” ai quali il pittore conferisce dignità, elevandoli a protagonisti della propria narrazione pittorica. Una narrazione che guarda alla drammaticità della vita attraverso l’espressione della miseria, dell’emarginazione, della solitudine, della mestizia, della consunzione di corpo e anima. Fino alle tenebre. Esistenze allo sbando, umiliate dall’occhiataccia del carabiniere, la cui alta uniforme con pennacchio sul cappello esprime, amplificandolo, il disprezzo della comunità dei cittadini “per bene” verso lo scarto dell’umanità che attraversa vicoli bui e vuote strade di periferia.

I personaggi di Agostani sono figure sfocate, smangiate, svergolate in un cromatismo secco e scabro che privilegia i grigi. La figura non è mai definita, appare priva di dettagli; la sua forza sta nella potenza espressiva con la quale personifica una condizione al margine del mondo dei vivi. Ma io vorrei discostarmi dalla “celebrata tragicità” dell’opera di Agostani. Allora la smorfia del dolore appare sardonica e le facce scavate come teschi possono essere lette non come un delirio, ma come derisione nei confronti tanto della vita quanto della morte. Così è il grottesco a focalizzare l’attenzione.

Oltre alla selezione di figure anzi figuri, la mostra divisa in due settori, riserva un ampio spazio ai paesaggi che Agostani frequentò con parsimonia, ma con mano efficace. Rare sono le concessioni alla tavolozza che l’artista esplora dipingendo qualche veduta cromaticamente accesa.

Il pennello preferisce intingersi nella neve che non riverbera lucentezza, ma risulta quasi “pietrificata

Il mare di Agostani ha gli occhi freddi. Occhi che ancora sanno parlarci. A saperli ascoltare, perfino con tenerezza.

Maria Teresa Castellana

NOTA DI REDAZIONE – L’autrice è la figlia di un personaggio mitico, medico di generazioni di Savonesi, raccontato anche in un libro (Il medico di Caltavuturo). Papà Felice Castellana, laureatosi il 10 luglio del 1937 a Palermo, parte per Padova per abilitarsi alla professione, si arruola nel Reggimento Piemonte Reale Cavalleria dove presta servizio dal 2 ottobre del ‘ 38 al ‘ 45. Approda infine in Liguria, a Savona. Qui tra la costa e le alture, fino al Cadibona dove si avventura con una Topolino appena acquistata, supera un’ atavica diffidenza nei confronti di chi viene da lontano, diventa il medico di intere generazioni di savonesi, marito e padre.

Un padre che narra se stesso attraverso la scrittura della figlia, fa ammenda di piccole e grandi colpe, si spoglia a tratti dei pudori e rimpiange le omissioni d’ attenzione delle quali è stata vittima proprio la figlioletta. Se come diceva Ippocrate la medicina deve descrivere il passato, comprendere il presente e prevedere il futuro, la vicenda di Felice Castellana, nella narrazione della figlia Maria Teresa, assolve a tutti questi compiti e supera nello stesso tempo l’ idea stessa di necessità di “emigrazione” per il siciliano, facendo della Sicilia e della Liguria quasi un unico territorio dell’anima separato da un mare.

SAVONA, DUE OPERE DELL’ARTISTA ENRICO BAJ IN DONO AL COMUNE Il Sindaco Caprioglio riceve la sig.ra Roberta Cerini Baj, vedova dell’artista

Il sindaco Ilaria Caprioglio e Roberta Cerini Baj

COMUNICATO STAMPA – Due opere del noto artista Enrico Baj in dono al Comune di Savona. Il Sindaco Ilaria Caprioglio ha ricevuto a palazzo la sig.ra Roberta Cerini Baj, vedova dell’artista Enrico Baj (Milano 1924 – Vergiate 2003), la quale ha donato alla Città due sculture in terracotta: “Testa Montagna” (1958), 28x51x12 cm e “Folla” (1994), 80×375 cm.

“Siamo lieti e orgogliosi di poter ricevere questa donazione, che permette di arricchire le civiche collezioni d’arte con la testimonianza di un artista di fama internazionale a cui, proprio in questi giorni e fino al 17 maggio, Amsterdam dedica una grande mostra ‘Baj Gioco come segno di protesta’”, afferma il Sindaco di Savona Ilaria Caprioglio. Ringraziamo la sig.ra Roberta Cerini Baj per la generosità e per questo gesto, che

dona ulteriore lustro all’offerta culturale di Savona”. La donazione segue la mostra Baj Figure dell’immaginario che era stata allestita dal 26 settembre al 13 dicembre 2015 nelle Sale mostre temporanee del Museo d’Arte di Palazzo Gavotti, promossa e organizzata dalla Fondazione Cento Fiori e dal Comune di Savona con la partecipazione dell’AdAC Archivio d’Arte Contemporanea Università degli Studi di Genova e dell’Archivio Baj di Vergiate, con il contributo della Fondazione A. De Mari e il patrocinio della Regione Liguria. L’esposizione aveva messo in luce importanti collegamenti del maestro sia con artisti presenti nella Collezione Milani Cardazzo della Pinacoteca sia con ceramiche esposte nel nuovo Museo, testimoni della grande stagione di rinnovamento che ha visto Enrico Baj fra i suoi protagonisti e che ha fatto di Albisola il centro ceramico maggiormente all’avanguardia a livello internazionale.

 


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