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Liguria e Basso Piemonte

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Migranti e accoglienza: il buon esempio di Pornassio. C’è chi prega al mercatino di Nava


Migranti in Riviera e nell’entroterra. Tema di scontro,  di polemiche, tra disagio vero e intolleranza, paura. Pare naturale, ma non lo è affatto che si finisca quasi solo per focalizzare le situazioni più difficili. Basta una scintilla. Una rissa. Un furto. E’ accaduto di recente a Calizzano. Eppure ci sono paesi dove la convivenza  non ha mai creato problemi. E’ il caso di Pornassio che ospita i profughi a Nava, località turistica, in una ex colonia della Provincia. Qui accade persino che piccoli gruppi di profughi preghino sul piazzale tra le bancarelle del mercato settimanale.

Una domenica di fine settembre al mercatino di Nava: ambulanti extracomunitari e migranti insieme nella preghiera

In provincia di Imperia sono 17 i comuni (15 in provincia di Savona)  che hanno detto si ad ospitare profughi nei centri di accoglienza straordinari. Ci sono Comuni, Pornassio è tra questi, dove gli immigrati possono diventare una risorsa, utilizzati in lavori socialmente utili, anziche oziare. Pensiamo solo alla pulizia di strade e piazza, al decoro urbano, allo sfalcio dell’erba lungo alcune arterie e d’inverno, perché no,  spalare la neve come accade ad Ormea.

E’ noto che costano (soldi  della Comunità Europea) 35 € al giorno, di cui 2,5 dati al profugo. C’è chi propone – e non è solo la Caritas Migrante – di far rivivere i vecchi borghi abbandonati di montagna, risuscitare i paesi con i migranti, coltivare  i terreni più accessibili, a cominciare dagli orti. E’ vero che qua e ci sono segnali di ritorno ai lavoro nei campi, giovani che lasciano delusi la città per ripercorrere il cammino dei genitori, dei nonni. Ma si tratta di eccezioni. Anche perchè basterebbe chiedersi i motivi e le ragioni dell’abbandono senza fine, del declino di gran parte dell’entroterra montano. L’assenza di opportunità di posti di lavoro ha spinto le giovani generazioni ad emigrare, gli anziani si spengono e da qui la cruda realtà dello spopolamento, delle case vuote, dei ruderi che avanzamento, di migliaia di ettari di terreno abbandonati.  Chiudono le scuole, gli uffici postali, i negozi, i bar. E non basta certo un paio di mesi della stagione estiva per ricreare le condizioni di sviluppo. Che ne sarà tra qualche decennio di tanti paesi montani ? Basterebbe pensare che in certi frazioni delle Alpi non è rimasto anima viva.

Da qui il tema migranti  nell’ottica della risorsa. Ma se non c’è lavoro per i giovani italiani come possiamo garantire un avvenire agli extra comunitari ? Eppure non può sfuggire il dato di fatto che ci sono alcuni mestieri che quasi nessun italiano vuole più fare. Non solo, sarebbe utile tener presente che la migrazione di massa non è necessariamente un problema. Dalla storia si possono trarre numerosi esempi di paesi in grado di assorbire un gran numero di uomini e donne senza dover far fronte a instabilità sociale. Ragionare su una strategia di integrazione è una prerogativa essenziale, come anche persuadere gli immigrati a rispettare il nostro stato di diritto, il nostro modo di vivere e i nostri valori di coesistenza sociale, fra cui la parità dei sessi.

Il segretario generale dell’Anci Liguria, Pierluigi Vinai, ricordava di recente l’opportunità di una più equa distribuzione. Ci sono paesi, in Liguria, dove si supera  la soglia del 3 per mille, con zone in sofferenza come la Val Bormida che  ospita più di 8 migranti per mille abitanti. E spesso hanno ragione i sindaci quando ricordano che ci saranno pure dei razzisti, ma è una minoranza. Semmai bisogna fare in modo nei fatti concreti di scongiurare le condizioni che portano all’intolleranza, all’esasperazione, al disagio per gli uni e per gli altri. Spesso bastano pochi episodi spiacevoli. E guai a sottovalutare che la crisi migratoria non fa altro che alimentare sentimenti xenofobi e populismo politico. La portata del fenomeno migratorio continua ad espandersi e il suo impatto appare gravido di conseguenze. Assume le vesti di una sfida che lascerà sicuramente il segno sulla nostra società.

C’è un dato reso noto nei giorni scorsi a proposito di immigrazione. I lavoratori stranieri in regola contribuiscono a pagare la pensione a 640 mila italiani.  Sono due milioni e mezzo quelli occupati in Italia ed hanno prodotto ben 127 miliardi di ricchezza (8,8% del valore aggiunto nazionale). Il contributo all’economia di questi lavoratori si traduce in quasi 11 miliardi di contributi previdenziali pagati ogni anno,  in 7 miliardi di Irpef versata, in oltre 550 mila  imprese straniere che producono 96 miliardi all’anno di valore aggiunto. La spesa pubblica destinata agli immigrati  è del 1,75% del totale, appena  15 miliardi, molto meno dei 270 miliardi  spesi  per le pensioni.

 

UNA DOMENICA DI SETTEMBRE A COLLE DI NAVA

 


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