Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Savona e il ‘progetto Bruco’ esempio di ingegno. Ora scenario Maersk in vendita


Nel mio ufficio avevo un poster “il tempo lavora contro di noi!”. L’Italia sul “fattore tempo” ha sempre capito poco, e sulla logistica anche: due fattori estremamente importanti per rendere una nazione, un territorio, appetibili e competitivi. Alla Ubik io e la dott. Silvia Bottaro abbiamo parlato del passaggio a Nord Ovest. Lei in chiave più storica, etnografica e scientifica, illustrando la vita e le scoperte del capitano Giacomo Bove. Leggi anche Rixi lancia l’Autorità Portuale Spa.

La platea della libreria Ubik di Savona durante l’incontro con l’ingegner Paolo Forzano e la dr. Silvia Bottaro

 

Nella seconda parete della serata io ho parlato del “passaggio a Nord Ovest” mettendo in luce aspetti dell’oggi che riguardano lo shipping, la logistica e le scelte che sono state fatte o non fatte. In particolare ho messo l’accento sulle correnti principali di traffico containers tra l’Asia e l’Europa, dell’oggi e del domani, in relazione ai porti italiani ed alla piattaforma Maersk.

Silvia Bottaro

Silvia Bottaro – Giacomo BOVE nacque a Maranzana (Asti) il 23 aprile 1852, e dopo avere frequentato l’Accademia navale di Genova, conseguì nel 1872 il grado di guardiamarina di prima classe. Nel 1873 si imbarcò sulla corvetta “Governolo”, al comando del capitano di fregata E. Accinni, prendendo parte alla crociera nelle acque delle Indie orientali, visitando i principali porti della Cina e del Giappone, le isole Filippine e l’isola di Borneo, e rientrando in Italia nel marzo 1874. Dal settembre 1877 partecipò in qualità di idrografo alla spedizione della “Vega”, che al comando di Adolf Erik Nordenskiöld, dalla Svezia doveva raggiungere l’Oceano Pacifico, attraverso il Mare di Siberia, per risolvere il problema del passaggio di Nord-Est, cioè di un passaggio che dal nord dell’Europa e dell’Asia portasse al Pacifico attraverso il Mare Artico, passaggio di grande importanza non soltanto ai fini scientifici, ma anche economici, per la valorizzazione della Siberia.

Bove era imbarcato sulla “Vega” che, con una navigazione resa difficile dalla nebbia e da numerose masse di ghiaccio raggiunse il Capo Coliucin, dove fu fermata dai ghiacci il 29 settembre 1878. Risultato impossibile superare lo sbarramento dei ghiacci, svernarono costruendo con blocchi di ghiaccio un riparo entro il quale gli scienziati, a partire dalla fine di novembre, compirono osservazioni magnetiche e meteorologiche, mentre curavano di mantenere i rapporti con i Ciukci, per raccogliere notizie sui loro costumi e sulle risorse del territorio. Il 20 luglio 1879, dopo 294 giorni di sosta forzata, la nave poté riprendere la navigazione e il 2 settembre raggiunse Yokohama. Compì successivamente il periplo dell’Asia ed entrò nel Mediterraneo, raggiungendo Napoli il 4 febbr. 1880 e da lì rientrando a Stoccolma, dopo aver percorso complessivamente 22.189 miglia, pari a 41.094 km.

Bove sponsorizzato dal Comitato centrale di Genova partecipò nel 1881-2 ad una spedizione con il compito di studiare la parte meridionale della Patagonia, l’Isola degli Stati e la Terra del Fuoco, soprattutto dal punto di vista economico. Successivamente, insieme con due italiani, Carlo Bossetti e Adamo Lucchesi, residenti nel territorio delle Missioni, dal 20 sett. 1883, risalì il Paraná sino a Ituzaingó ed esplorò il territorio compreso tra l’Iguassú e la grande cascata del Guayra. Con tale impresa il B., mentre compì una missione esplorativa (ai cinquanta filoni che costituiscono la cascata del Guayra assegnò nomi italiani), cercò anche di raccogliere elementi per la colonizzazione del territorio.  Nel 1885, in conseguenza della Conferenza internazionale di Berlino, fu affidata al Bove, da parte del nostro ministero degli Esteri, una missione nel bacino del Congo con lo scopo di risalire il fiume e riferire sulle condizioni delle regioni circostanti. Partì da Liverpool il 2 dic. 1885, con il capitano di fanteria Giuseppe Fabrello e con Enrico Stassano. Giunti alle foci del Congo il 17 dicembre, risalirono il fiume fino a Matadi, ove rimasero durante la stagione delle piogge, compiendo osservazioni di carattere geografico e commerciale nel basso Congo; ripartiti da Matadi il 3 giugno, risalirono il Congo fino a Léopoldville (5 luglio) e poi sino alle cascate di Stanley, dove giunsero a metà agosto.

Bove rientrò in Italia nell’autunno dello stesso anno e nel suo rapporto al ministero degli Esteri escludeva categoricamente ogni convenienza dell’Italia a partecipare alla colonizzazione del Congo soprattutto per le difficili condizioni del clima. Ritornò dall’Africa gravemente malato e, dimessosi da ufficiale di marina, venne nominato direttore tecnico della società di navigazione “La Veloce”. Morì suicida a Verona il 9 agosto 1887. Oltre alle relazioni e agli studi editi, Bove lasciò numerosissimi manoscritti, che sono conservati in parte presso la Società geografica italiana e in parte nel Museo di Acqui Terme. Valore scientifico hanno le osservazioni che egli raccolse durante il viaggio della “Vega” e quelle relative all’America meridionale; documento di un vivo interesse ai problemi economici sono i rapporti sulle missioni argentine e sul viaggio nel Congo. Parte di quei documenti vennero lasciati alla città di Savona, la quale non se ne volle occupare, pertanto vennero dirottati nella sua casa di Maranzana.

Paolo Forzano

Paolo Forzano – Il fattore tempo. Dal 1853 al 2000 sono stati fatti la bellezza di 38 progetti di connessione tra Genova e la pianura padana. Solo l’ultimo, il terzo valico, è sfociato in una costruzione effettiva. Ma il punto cruciale è: a che cosa servira? Dopo così tanti anni tra la concezione e la costruzione è ancora al passo coi tempi e con le esigenze del momento e del futuro? L’ambizione di questo progetto era di servire quella macroregione che è la pianura padana, ma anche trovare mercati nel nord: Svizzera e Germania. Ricordiamo che la pianura padana è “destinazione” di circa 8 milioni di TEU, che provengono dal Tirreno, 4, dall’Adriatico, 2, e dai porti del nord: 2.

Questa nostra macroregione da anni soffre di una “malfunzione logistica” piuttosto grave: non è sede di un porto adeguato alle grandi “navi madri”, pertanto è necessario fare operazioni di transhipping tra queste grandi navi e navi più piccole in porti intermedi. Quindi le merci invece di andare dal porto “sorgente” al porto “destinazione” hanno bisogno di fermarsi in un porto “hub” per le operazioni di transhipping: scarico dalla nave madre, banchinamento, ricarica su una nave più piccola, trasferimento al porto di destinazione con ulteriore operazione di scarico. Tutto questo con un aggravio di costi considerevole. Nel mediterraneo i porti di transhipping sono Gioia Tauro, Cagliari, nord africa. Le grandi navi madre fanno il percorso Suez-Gioia Tauro-Gibilterra-nord Europa. Dai porti Tirrenici i TEU viaggiano poi prevalente su strada (75%) ed il restante su ferrovia.

La logistica equivale al 20% del PIL, e la disfunzione logistica provoca un aggravio di costi di ben 40 miliardi di € all’anno, pari al 2,5% del PIL. Un’incidenza enorme. Sarebbe invece auspicabile avere nel nord un grande porto per navi madre, un porto di destinazione finale delle merci, a distanza di 200-300 km dalla destinazione finale, che possa accogliere direttamente le grandi navi madre da oltre 10.000 TEU, saltando l’aggravio dei porti HUB. La pianura padana giustificherebbe pienamente un tale porto, solo che c’è l’impossibilità di trovare una localizzazione di adeguate dimensioni. Di conseguenza il traffico si è sbriciolato con servizi di distribuzione tra porti hub ed 8 porti in Nord Italia. Anche le aree produttive sono a macchia di leopardo, e comportano spostamenti dai porti che in media sono di 250 km, con chilometraggi globali di 1,25 miliardi di km/anno, con intasamento di strade e ferrovie, e con un maggior costo per nolo e trasporto terrestre di 500€ a container.

La soluzione, salvo il fatto che ormai le aree produttive sono abbastanza geopardate, sarebbe quella di realizzare un porto intercontinentale per navi madre a Genova, il mercato c’è, le banchine con pescaggio 18 metri anche, mancano invece gli spazi sia portuali 400-600 ettari (=5 kmq), e gli spazi produttivi limitrofi nel raggio di 30 km e dell’estensione di 3000-5000 ettari (=50 kmq). Trovare anche solo gli spazi portuali è quasi impossibile, e sicuramente a fronte di insuperabili problemi ecologici ed economici. Ma non c’è solo il problema delle aree. Connettere un porto madre significa 20.000 trailer al giorno o 600 treni, che sono impossibili anche con l’ausilio del terzo valico. Quindi il risultato è un costo gigantesco, inarrivabile in autofinanziamento, tantomeno finanziabile dal pubblico vista la situazione precaria ed i suoi tempi di latenza. Bisogna quì mettere in evidenza il fattore tempo: il terzo valico è fuori tempo. Ma i tempi hanno subito grandi accelerazioni. Negli ultimi 40 anni il traffico è aumentato di 70 volte, la dimensione delle navi di 30 volte (da 600 TEU a 18.000 TEU). 40 anni fa una nave oceanica scaricava a terra l’equivalente di 10 treni e 400 trailers, oggi di 200 treni ed 8.000 trailers. 10 milioni di TEU/anno corrispondono a 1.000 treni al giorno!

La Emma Mærsk, varata nel 2006, è una nave portacontainer di lunghezza 397 metri per 56 di larghezza, capacità di carico di 11.000 TEU calcolati in base al peso, e con pescaggio di circa 11/13 metri.  Nel 2015 è stata varata la “MSC Zoe”, di lunghezza 395.40 per 59.90 m di larghezza, capacità di carico di 19224 TEU. La corsa ad aumentare il numero di TEU è inarrestabile. La programmazione logistica necessita conoscenza del problema e della sua evoluzione nel tempo. A Genova, nei primi anni ’90 prese corpo un progetto estremamente innovativo e lungimirante. Sponsor una cordata di operatori del settore, tra cui il dott. Bruno Musso, Presidente del Gruppo Grendi, armatore e scrittore. Ha scritto, tra l’altro, un libro dal titolo Il porto di Genova. La Storia, i privilegi, la politica, realizzato con la collaborazione del Siti (Istituto Superiore sui Sistemi Territoriali per l’innovazione) e del Politecnico di Torino.

Il progetto si chiamava “Bruco”: un esempio di ingegno! Le aree non sono in Liguria? Dove sono? Nell’alessandrino! Usiamo quelle! Delle “banchine” ci sono? Sì a Voltri! Usiamo quelle. Che cosa manca? Collegarle! Colleghiamole!

Un discorso logico e semplice. Quello era ed è il Bruco. Un progetto che raddoppiava gli accosti del porto di Voltri, tutti già adatti (nel 1990) alle navi madri del 2016 (perchè ha profondità di 18 metri, ed ha anche gli spazi di manovra necessari), non aveva bisogno di scaricare a terra nessun container, perchè i containers a bordo nave venivano caricati direttamente su navette automatiche (costituite da un locomotore e quattro carri ferroviari standard) su due piani. Una volta carica la navetta imboccava una galleria (di circa 40 chilometri appositamente realizzata) per andare a scaricare il suo carico nel “porto secco” nell’alessandrino. Lì le aree per “porto secco” e per spazi produttivi limitrofi non mancano e sono nel raggio di pochi chilometri. NB: traffico circa una navetta al minuto!

Tanto semplice e geniale che è ancor perfettamente attuale “oggi” a distanza di molti anni. Ma la politica sembra essere afflitta da un terribile male: “not invented here”! Questo progetto è rimasto su carta. Eppure era anche molto rispettoso dell’ambiente: non consumava un metro quadrato di territorio! Anzi: restituiva parte del terrapieno portuale al canale a terra ed anche restituiva una parte del terrapieno non più utile ad attività “verdi” per la città! Ultimo e non ultimo: era, nell’alessandrino, su uno dei grandi canali di comunicazione europei: il corridoio 24. Il trasporto fino al “porto secco” consentiva un risparmio di 60€ a container che si traduceva nella possibilità di totale autofinaziamento dell’opera. Tutto questo discorso, finora, per capire un po’ le problematiche e, da una parte l’importanza del fattore tempo, e dall’altra l’obsolescenza delle scelte in corso.

Oggi è importante comprendere l’evoluzione dello scenario. L’attuale percorso delle navi madre (Asia-Suez-nord Europa) potrebbe essere messo in discussione. L’Egitto molto recentemente ha creduto nella possibilità economica di incrementare i transiti attraverso il canale di Suez, e lo ha raddoppiato a tempo di record! Solo un anno! Il 6 agosto 2015 ha inaugurato il raddoppio. Ma subito dopo è “crollato” il prezzo del bunker: pertanto molte navi percorrono la via della seta, ovvero circumnavigano l’Africa, con un risparmio valutato in 235.000 € a viaggio. Il tragitto “esclude” il mediterraneo, e per i porti liguri non è assolutamente più tempo di pensare a fare servizio per la Svizzera e per la Germania. Attualmente occorrono 10-15 giorni dallo sbarco all’inoltro, mentre dai porti del nord in qualche giorno i containers raggiungono la pianura padana.

L’apertura a fine 2016 del traforo del Gottardo e la completa velocizzazione della ferrovia nord sub attraverso il Gottardo entro il 2020, metterà seriamente a repentaglio i traffici in essere. Svizzeri e tedeschi lavorano a tempo! Ma altri “pericoli” incombono. Il progressivo scioglimento dei ghiacci artici promette di liberare enormi quantità di risorse siberiane e consentirà nuove rotte marittime, che modificheranno radicalmente le dinamiche degli scambi commerciali. Il gruppo armatoriale cinese COSCO sta sta “provando” il passaggio Bering-Siberia-Europa del nord. Riduzione del viaggio di 4.0 e 00 miglia e di 14 giorni di navigazione. La rotta è aperta in estate, ma tra pochi anni sarà anche disponibile in inverno. La Russia sta progettando una nuova ferrovia transiberiana, un tunnel sotto lo stretto di Bering, per raggiungere il continente nordamericano. La Cina e la Russia stanno progettando ferrovie veloci che in 2,5 giorni trasporterebbero le merci dalla Cina ai porti del nord Europa.

La piattaforma Maersk è stata realizzata con soli 12 ettari di area portuale, senza aree adiacenti a terra, con scarse connessioni ferroviarie e critiche connessioni stradali. Più o meno una cattedrale nel deserto. La Maersk dal dicembre 2014 “tenta” di vendere, senza riuscirci, la piattaforma di Vado Ligure alla port Authority di Singapore. Che futuro avrà? Eliporto?

Comitato Casello Albamare, il Presidente Paolo Forzano

GENOVA, 16 MARZO 2016- PORTI, LIGURIA, ASSESSORE RIXI LANCIA AUTORITÀ PORTUALI SPA E AUTORITÀ DI SISTEMA LOGISTICO. DOMANI LE PROPOSTE ALL’ESAME DELLA CONFERENZA STATO-REGIONI A ROMA.

“Nella conferenza Stato-Regioni che si terrà domani a Roma presenteremo le nostre proposte in merito alla riforma della governance delle autorità portuali che riteniamo debbano rispondere a logiche imprenditoriali, seppur nel rispetto delle clausole sociali, e alla richiesta di maggiore flessibilità. Il modello che proponiamo è la trasformazione delle Autorità di sistema portuale in Spa pubbliche, come già esistono e funzionano nel Nord Europa, introducendo strumenti di controllo di gestione, valutazione delle performance dei traffici, sistemi premianti sui risultati ottenuti e norme nuove in materia di bonifica ambientale e riempimenti”. Lo ha annunciato Edoardo Rixi, assessore regionale allo Sviluppo Economico, Porti e Logistica, nell’ambito del workshop “Portualità e sistema dogane” organizzato oggi da Regione Liguria alla Stazione Marittima di Genova, nell’ambito delle iniziative propedeutiche agli Stati generali della Logistica del Nord Ovest in programma per l’8 e il 9 aprile a Novara nell’ambito dell’attuazione del protocollo per lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto e della logistica, sottoscritto lo scorso 11 dicembre dai presidenti delle Regioni Liguria, Lombardia e Piemonte. “Stiamo lavorando a un percorso di riforma nell’ottica di una vera razionalizzazione coerente con le diverse realtà esistenti – spiega l’assessore Rixi – per innovare la governance occorre puntare, in modo selettivo, sulle autorità portuali in base al volume dei traffici attuali e potenziali. La portualità ligure è riferimento della macroregione del Nord Ovest e ha tutte le caratteristiche per potersi proporre come interlocutore principale della Svizzera e di intercettare nuovi traffici derivanti dalla realizzazione di grandi opere infrastrutturali anche fuori dai confini nazionali, come il raddoppio del canale di Suez. Riteniamo strategica anche l’istituzione di Autorità di sistema logistico con accordi di programma come quello sottoscritto con Piemonte e Lombardia di cui siamo partner naturali di mercato e con cui è indispensabile una regia comune sulla logistica”. L’assessore Rixi ha ricordato che la portualità ligure genera il 52,7% dei traffici container extra Ue a livello nazionale e circa il 38% dell’Iva portuale.


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P. Forzano

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