Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Parroci a confronto: Alassio i cani alla Santa Messa. Ha ragione don Gilles.E don Angelo?


Mancavano le paginate sul prete di Alassio che allontana dalla chiesa (Sant’Anna) un’anziana coppia in compagnia dell’amico golden retriver, taglia grande a pelo lungo e di origine inglese. Mancavano i tifosi come ai tempi non lontani di don Luciano, incarcerato per violenza a una parrocchiana di 11 anni che accompagnava in moto; condannato con sentenza passata in giudicato. Alassio schierata con 140 testi (pro e contro) al processo in tribunale. L’alassino Carlo Annibale creò il gruppo “Don Luciano Libero” che rivendicava l’innocenza via Facebook e Carla Bisello promuoveva la raccolta di firme contro lo ‘stillicidio di falsità e calunnie con vittima don Lu‘. Schierato tra gli innocentisti il sommo ‘penitenziere’ Marco Melgrati. E ora, nell’estate del Signore 2015, irrompe la crociata contro don Gilles, svizzero rigoroso e intollerante. E’sceso in campo (colpo di sole estivo ?) don Angelo,  monsignore, parroco di Sant’Ambrogio, a dar man forte ai contestatori.Alla diligente giornalista ingauna Federica Pelosi ( collaboratrice nel duopolio Il Secolo XIX- La Stampa) don Angelo De Canis, origini a Lavina, frazione di Rezzo, entroterra della Valle Arroscia – già terre di povertà, sudori, vite grame nella pastorizia e nel taglio dei boschi – ha dichiarato fino a prova contraria: ” Non mi preoccupo tanto di chi entra in chiesa col proprio cane, o si dimentica il cellulare acceso, ( o non osserva decenza nel vestire ndr) quanto di chi in chiesa non ci viene affatto”.  Come dire ‘caro don Gilles datti una calmata, non esagerare. A Don Angelo  che ha varcato la soglia della pensione, bisogna dare atto di far parte della vecchia generazione di preti della diocesi di Albenga – Imperia mai entrati nel tourbillon di scandali e scandaletti. Con oltre un migliaio di articoli, pure oltre i confini nazionali. Il tutto accaduto nel ventennale regno del vescovo Mario Oliveri.

L’educazione paesana, gli anni rigorosi del seminario ai tempi del compianto vescovo De Giuli, del rettore di Pornassio, don Contestabile, del vice rettore di Vessalico don Caviglia –  triste ospite da un paio di mesi della Casa di riposo di Borghetto d’Arroscia, con rarissime visite dei confratelli amici -; infine del padre spirituale alassino don Domenico Damonte (a 92 anni il decano della diocesi), hanno fatto la loro parte in positivo nella formazione dei pastori di anime. Don Angelo, altro buon esempio, è tra i sacerdoti che nell’adempiere il suo ministero non gira in città o nei dintorni in abbigliamento casual, se non addirittura sbracciato e poco consono al ruolo. Monsignor Mauro Piacenza, segretario della Congregazione del clero, genovese, a chi gli chiedeva (giugno 2009) se i sacerdoti oggi  sono abbastanza identificabili, riconoscibili, ha risposto testuale: ” Le virtù personali, e lo stesso abito ecclesiastico, sono trasparenza di questa identità sacerdotale…”. Non è in ballo la talare che caratterizza gli eccentrici preti anticonciliari, bensì un certo decoro personale, decenza nel vestire ricordandosi di essere pur sempre un ‘ministro di santa romana chiesa’. Nel luglio scorso, trucioli.it ha pubblicato un servizio della festa- tradizione della Madonna del Monte Frontè (parrocchia di Mendatica) con la presenza di tanti fedeli, di giovani dell’Azione Cattolica. Una paio di sacerdoti (uno persino a cavallo della statua) potevano benissimo essere scambiati per teenager, padre e figlio. Certo, nulla a confronto con la pedofilia.

Ora esplode il caso del “Prete svizzero che non perdona e mette fuori i cani dalla chiesa“, così titolavano giornali e web che ‘coloravano’ con tanto di “ crociata di padre Gilles il quale lamenta che a messa ci sono troppi maleducati “. E ancora: ” Alassio, coppia di anziani turisti espulsa da una funzione religiosa si ribellano ‘non torneremo più qui’. Il ‘pastore’ svizzero della mondana Alassio si difende citando che “ a Roma ci sono  chiese in cui non si può entrare in pantaloncini corti, braccia scoperte” e consiglia a tutti di leggere il libro “ Il galateo in chiesa”.  Aggiungendo “Potrebbe essere utile a molti”. E se fosse utile a tutti ? A chi entra in chiesa rispettando il decoro, il raccoglimento, il silenzio devoto e ai molti, ai troppi che seguendo l’evolversi di una pessima moda trasformano il ‘luogo di preghiera e di culto cristiano’ in un chiacchiericcio da banchi del mercato. Si entra e si esce senza alcun rispetto dei tempi della celebrazione, altro che il ‘castigato’ abbigliamento dei mussulmani che pure credono nel Dio Maometto, a volte con fanatismo ! Quando neppure il momento di lutto di un funerale impone ai partecipanti indumenti coerenti alle tradizioni religiose. L’abito scuro.  Oggi si sfoggiano come nulla fosse, dietro il feretro, anche colori sgargianti. E gli ultimi in fila parlano tranquillamente delle loro cose, altro che raccoglimento!

Don Gilles Jeanguenin, 55 anni, da 25 in attività pastorale, ripete quasi a scusarsi e in risposta ai denigratori ” Mi sono rivolto a quella coppia con grande gentilezza. Non ho rimproverato nessuno e nessuna ha avuto da ridere. Bisogna rispettare i luoghi sacri e non mi aspetto che siano gli animali a farlo, ma i loro padroni. Amo i cani, li ho avuti anch’io, ma il problema è che molte (diciamo invece troppe ndr) hanno perso il senso del limite”. Chissà  come commenterebbe  la vicenda, il chiasso che si sta facendo per un cane, padre Adolfo Porro, sessantenne di origini umilissime in quel di Mendatica e che ha scelto una comunità di Torino per assistere ammalati e disadattati gravi, abbandonati dalle famiglie e di mezza europa. Durante un’omelia nella sue rarissime visite al paese natio ricordava: “Se destinassimo solo un decimo dei soldi che si spendono nella pubblicità televisiva e non, per il benessere di cani e gatti, ormai alla stregua di essere umani, potremmo sfamare migliaia di bimbi denutriti, ammalati, orfani. Non laviamoci la coscienza con la Comunione e assistendo alla Messa, rispettiamo gli amici dell’uomo come facevano i nostri vecchi, ma siamo arrivati ad un’esagerazione che fa bene soprattutto a chi fa business. Il cristiano ha dei doveri, delle priorità; il consumismo sfrenato sta già facendo tanti danni, in un allarmante crescendo di disuguaglianze, di popoli e disperati in fuga dalla guerra, dalla fame…. Altro che invocare miracoli per i cani abbandonati !!!”. Per la cronaca accadeva 5 anni fa, non eravamo ancora agli esodi biblici e ai cani con diritto di accesso alle funzioni religiose. San Rocco, patrono degli animali, non c’entra.

Don Gilles, senza voler rintuzzare i suoi detrattori, potrebbe fare opera di utile informazione. Ricordare che nei paesi cattolici del centro e nord Europa, persino nell’italiana tedescofila diocesi di Bolzano e in quella di Bressanone (comunità ladine) non è scomparsa la buona abitudine dell’abbigliamento decoroso durante le celebrazioni: messe e vespri, processioni. Ai funerali i parenti e gli amici  dei defunti indossano rigorosamente indumenti scuri come si praticava anche da noi non molti decenni fa. Che all’inizio dell’ora fissata per la Santa Messa i fedeli sono tutti in chiesa ed i ritardatari sono un’eccezione o proferiscono rinunciare. Che il raccoglimento e le preghiere non sono disturbate o praticati da una minoranza. E si potrebbe continuare con l’elenco delle brutte abitudine che hanno preso sempre più il sopravvento nei luoghi di culto e nelle celebrazioni. Negli anni ’70 faceva notizia, ma non indignava, don Giacomo Carretto, parroco di Bardineto, forse l’unico in Liguria, in Italia, a vietare gli ‘scatti’ dei fotografi professionisti e non, durante il rito dei matrimonio, la benedizione e lo scambio delle fedi nuziali. A chi interessava poteva accontentarsi di una simulazione a cerimonia avvenuta. Ma don Giacomo ripeteva: “La chiesa non può essere trasformata in siparietto dove c’è molto spettacolo e sparisce il raccoglimento, il significato del sacramento”.

Reverendo don Gilles, è difficile in questa società malata non farsi corrompere, resistere all’onda d’urto dei frivoli, dei capricciosi, del malcostume elevato a sistema non solo nella vita profana. Nello sgretolamento dei valori cardine, della giustizia sociale, persino nel proporre la meritocrazia comunicativa. Guardia l’esempio della foto pubblicata nella pagina allegata in cui si descrive “Il parroco durante una messa a Sant’Anna di Alassio”. Non è un’immagine di guerra dove anche uno scatto ‘sbiadito’ può arricchire un servizio. Il ‘nuovo giornalismo’ del terzo millennio può ergersi il diritto verso i suoi lettori ,ovviamente, di rifiutare una foto professionale di Silvio Fasano e prediligere uno sgorbio. Basta farci l’abitudine e tacere. Adeguarsi ai più che praticano il menefreghismo.

L. Cor.

 

 


L.Corrado

L.Corrado

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