Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Quando le serre di Albenga producevano pomodori e asparagi per Genova, Torino, Milano. Quel profumo di pesce a Loano


Il mio primo incontro con la poesia “Liguria” di Vincenzo Cardarelli, mi ha riportato alla luce un lontano ricordo che tuttavia non mi ha impedito di cogliere e condividere le attrazioni contemplative dell’autore. Nata e vissuta fino al completamento dell’obbligo scolastico ad Albenga, avevo imparato ad amare la mia terra con l’ardore che i nostri genitori erano riusciti a trasmetterci e che, dalle proprie famiglie, era loro pervenuto.

Chiara Bruzzone Burastero, mitica insegante nelle scuole di Ragioneria, da pensionata ha scritto alcuni ricordi di gioventù

Pur aspirando per noi un’attività diversa dalla loro ed incoraggiandoci in ogni occasione al proseguimento degli studi, ci fornivano diuturnamente invitti esempi del loro strenue lavoro dedicato alla coltivazione dei campi. Producevano principalmente verdure di vario genere, nelle serre portavano a maturazione pomodori ed asparagi. Il loro lavoro comportava preoccupazioni continue e molta fatica ma consentiva anche la soddisfazione del realizzo di una produzione altamente qualificata sempre facilmente collocabile sui mercati ortofrutticoli delle piazze di Genova, di Torino e di Milano.

La Liguria che conoscevo mi appariva di conseguenza come una grande pianura, una terra fertile che esigeva però assidua dedizione. La domenica era finalmente giorno di festa per tutti e noi l’attendevamo trepidanti anche per associarci nell’interruzione del lavoro. Dopo aver assolto l’obbligo della S. Messa celebrata nel vicino Santuario della Madonna di Pontelungo, ci recavamo in montagna , quasi sempre a Case di Nava ove coglievamo l’occasione per procurarci oltre a genuine cibarie artigianali, acqua di sorgente, giunchi da utilizzare per i legacci delle piante, prodotti alimentari per gli animali da cortile. Non dimenticavamo mai le carrube per il nostro adorato cavallo. Le gite dei giorni festivi ci consentivano di ammirare luoghi molto diversi da quelli che con i miei fratelli eravamo abituati a frequentare ma che in compenso ci avevano reso abili arrampicatori dei monti su cui andavamo alla ricerca di funghi, di timo, di lavanda, di origano, di santoreggia. La passione per la montagna, sempre terra di Liguria fino a Ponti di Nava ove il percorso argenteo del Tanaro ci richiamava la distesa del nostro amato mare, ci colse così profondamente da indurci a diventare scouts . Nelle mie vesti di guida della sezione ingauna partecipai ad una lunga serie di campeggi che ancor oggi ricordo con nostalgia per le doti particolari delle persone che mi consentirono di incontrare e per gli insegnamenti che anche in quelle occasioni mi vennero impartiti. Piampaludo, nel comune di Sassello, ove partecipammo ad un raduno con le guide di alcune sezioni genovesi, si rivelò un luogo con un paesaggio boschivo decisamente diverso da quelli che conoscevamo. Lo vedemmo forse più brullo e selvatico di quanto non fosse in realtà per la rigida disciplina cui fummo sottoposte. I tempi per issare le tende vennero cronometrati e poiché rivelammo subito le nostre carenti esperienze, ci fu attribuita la qualifica di visi pallidi. E pallide non eravamo proprio: il nostro gruppo era formato da ragazze abbronzantissime perché andavamo tutte al mare e qualcuna prendeva il sole anche in campagna mentre collaborava innaffiando le colture dei genitori. L’onta sparì in fretta perché, decise, andammo in frotta al contrattacco. Superammo le ardue prove che ci sottoposero e non fu cosa lieve: munite di gavetta e di boraccia fummo abbandonate al nostro destino su quei ruvidi pendii. In dotazione avevamo ricevuto un pugnetto di riso, la boraccia era vuota e dopo esserci approvvigionate di acqua e di legna, dovevamo provvedere alla cottura del cibo nella gavetta. A pranzo ultimato, l’obbligo di disperdere ogni traccia della nostra presenza in quel luogo. Ci consolò il superbo risultato raggiunto dal nostro gruppo che ebbe da quella esperienza l’occasione per richiamare in memoria gli agi goduti al campeggio di Bardineto quando sostavamo accanto al fresco zampillo della fontana di San Nicolò. Comunque , dovevamo ammetterlo, il soggiorno a Piampaludo, proprio per il rigore che lo aveva contraddistinto, aveva contribuito ad accelerare la nostra formazione scoutistica e….non solo!

Dall’album di Chiara Bruzzone un’immagine in bainco e nero di papà Luigi Bruzzone, con Anna Oliva

IL FASCINO DI LOANO E IL PROFUMO DI PESCE – Ma veniamo alla romantica circostanza che mi procurò la speciale scoperta del fascino ammaliante della Liguria, di Loano in particolare. Percorrevo in treno il tratto da Albenga a Savona per recarmi a Mondovì dove frequentavo all’Istituto Baruffi la terza Ragioneria. Sistemati i bagagli, mi affacciai dal finestrino per ammirare il quadro sconfinato del mare. Quando il treno si fermò a Loano, la vista che mi si presentò mi avvinse al punto da farmi pensare:” quando abiterò in questa città verrò ogni mattina a comprarmi il pesce per godere la bellezza di una così lunga passeggiata sul mare”.Quale ragione avrebbe potuto giustificare allora il mio trasferimento da Albenga a Loano? Giunta a Savona tornai su quel pensiero che si era così imperiosamente imposto poco prima e lo riconfermai. Nessuna delle altre pur belle spiagge del percorso, talune con scorci panoramici veramente suggestivi, mi aveva conquistato quanto quella di Loano.

IL MITICO PROF. BURDESE E IL MIO FUTURO MARITO – A questo punto devo precisare che allora non conoscevo alcuna delle persone che, con la stessa destinazione, erano probabilmente salite sul treno in quella stazione. Le conobbi in seguito ma prima devo ancora aggiungere un altro particolare che mi capitò poco tempo dopo. Il docente di diritto, il mitico professor Burdese, mi mandò una mattina in segreteria per una incombenza che lo riguardava. Entrai e trovai su un tavolo un mastodontico registro aperto: la pagina riportava un nome ed era proprio quello dello studente che divenne in futuro mio marito. Lo conoscevo appena ma sapevo che frequentava l’Istituto per geometri mentre sua sorella era nota perché apprezzata da tutto il corpo docente della Ragioneria. Non avevo mai parlato con loro ma da quella enorme pagina del registro mi pervenne uno strano richiamo su cui ho avuto tempo di meditare per tutto il resto della mia vita Mi intrigarono subito i suoi dati anagrafici, lessi i nomi dei suoi genitori e, sul suo, senza ragione alcuna, mi soffermai. Comunque il nome “Remigio” mi piacque ma immediatamente pensai quale altro modo avrei potuto adottare per rivolgermi a lui: ancora non sapevo che avevano già provveduto i suoi famigliari facendo ricorso ad un diminutivo arrangiato: Mido.

La poesia ispiratrice delle presenti note sentimentali chiude con una invocazione alle chiese e ai liguri cimiteri. Fuori orario, per un funerale in corso, sono entrata questa sera al camposanto ove, accanto a nostro figlio, riposa tutta la mia nuova famiglia preannunciata da due eventi che hanno solcato profondamente la mia esistenza. Dolorose circostanze mi hanno consentito di entrare in sintonia con il poeta facendomi vivere con la mia presenza a tarda ora in cimitero, la rosea tristezza del luogo che, la luce sfuggente del giorno, a sera, colora.

Chiara Bruzzone Burastero

 


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