Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Michele Ferrero, il capitalismo industriale dal volto umano


L’ultimo nostro capitano d’industria di livello internazionale ci ha lasciato. Michele Ferrero, dal dopoguerra ha costruito una delle multinazionali leader del cioccolato, da 8 miliardi di fatturato annuo, partendo da una pasticceria ad Alba, ed è diventato uno degli italiani più ricchi mantenendo un rapporto di rispetto e cura personale, tanto da non essere mai stato definito “padrone” dai suoi oltre 20 mila”dipendenti”.

 

Michele Ferro, ultimo capitano di industria internazionale made in Italy

Ha incarnato l’esempio meglio compiuto di un’ impresa che è l’espressione della cultura di un territorio, quella contadina in simbiosi con quella industriale, da essere considerato dalla sua gente come un unico podere, fatto di campagna e fabbrica, tanto da non essere ancora oggi quotato in borsa, nel rispetto della mentalità contadina.

Un imprenditore che ha sollevato dalla “malora” i contadini delle Langhe e del Roero, mentre ha portato un altro tipo di made in Italy nel mondo, con le sue idee e le capacità organizzative, ma soprattutto con le qualità umane.

 

Un grande manager, che i dipendenti consideravano uno di loro, di un azienda d’avanguardia condotta con modalità familiari, di collaborazione personale quotidiana.

Ai suoi contadini – operai, viene da sempre garantito l’acquisto della loro produzione di nocciole, utili per la Nutella, mentre comunque concedendo loro il tempo per la vendemmia, si è evitato sia l’abbandono che la vendita della terra, e consentito gli studi enologici dei figli che ora producono un prodotto vinicolo di pregio mondiale.

Un autentico capolavoro ecologico-sociale, un mirabile spettacolo di cura ambientale di un paesaggio ora molto ambito e considerato un patrimonio dell’umanità, ma c

he i langaroli gestiscono assieme alla Fabbrica, con la medesima dedizione, considerando entrambi come “roba” propria.

L’originale intento gestionale ribadito dal figlio Giovanni, si basa sulla “responsabilità sociale del gruppo” e nel “condividere valori per creare valore”, rispettando le persone e i diritti umani, tutelando l’ambiente con la produzione sostenibile delle materie utilizzate, operando nella società in modo eticamente corretto.

La Fondazione Ferrero, coerente con l’intento di “lavorare, creare, donare”, si cura degli anziani collaboratori, con l’assistenza sanitaria in centri specializzati come quello costruito a Vado Ligure, ma propone anche gratuite iniziative culturali e mostre d’arte di rilievo internazionale, come quelle più recenti dedicate a Morandi, Carrà e Casorati.

In tutto il mondo dove opera uno dei venti stabilimenti del gruppo, l’azienda promuove attività di sostegno dei dipendenti e delle famiglie, spesso mediante l’asilo nido aperto anche alla città.

Dunque il modello Ferrero è un capitalismo anomalo e unico ancora operante, non basato sulla finanza, ma radicato sulle risorse del luogo e mirato allo sviluppo globale, dove il profitto è condiviso con i collaboratori, la città e il territorio, per costruire un diffuso benessere, mediante un’impresa sociale partecipata e felice; una comunità piuttosto che una multinazionale, capace di fare industria virtuosa in un territorio povero.

Tuttavia, per correttezza storica è doveroso ricordare altre due realtà simili, ma purtroppo superate, che possedevano altre peculiarità e alcune similitudini.

Infatti mezzo secolo prima della Ferrero, la famiglia Agnelli partendo da una piccola officina ha sviluppato un gruppo mondiale della mobilità su terra, mare e cielo, radicato però sul sistema politico- finanziario e spesso sostenuto da tutto il nostro paese.

Quindi un capitalismo tradizionale, che tuttavia ha sviluppato per primo, alcune pregevoli iniziative di tipo sociale a sostegno dei dipendenti e dei loro familiari: un sistema sanitario aziendale di qualità, una rete di colonie per vacanze dedicate ai bambini, alcuni avanzati centri aziendali di formazione per i dipendenti insieme ai permessi di studio a favore dei dipendenti-studenti universitari, ed infine alcuni centri attrezzati per attività sportive e ludiche. Il tutto integrato ad un sistema di premi, gratifiche e doni ai dipendenti, agli anziani e ai figli.

Tutto questo è durato tre quarti di secolo.

Mentre meno di mezzo secolo ha brillato a partire dagli anni 30, la cometa industriale di Adriano Olivetti, ingegnere, urbanista, scrittore-editore e politico, che nel campo delle macchine da scrivere e da ufficio, ha raggiunto la dimensione mondiale, anche con i calcolatori elettronici, con il preciso intento di costruire ” un’oasi sociale” centrata sulla sede industriale integrata con la città di Ivrea, fatta di abitazioni, asili, centri culturali, assieme al rispetto per i dipendenti. La cifra caratteristica del successo oltre la dimensione sociale, è quella culturale ed artistica con cui innervò la tecnologia dell’industria d’avanguardia, mediante personalità di quel genere, quali architetti, sociologi, letterati.

Il quasi inevitabile confronto finale con la realtà attuale, evidenzia la desolazione offerta da un capitalismo essenzialmente finanziario che persegue il profitto senza partecipazione e distribuzione sociale etica, dove la dimensione umana è del tutto marginale.

Dunque il miglior augurio possibile per tutti, è quello di una lunga vita e massima globalizzazione del modello Ferrero

 

Giovanni Maina


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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