Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Cairo Montenotte ricognizione diurna al Campo uno…


Per fare un tuffo nella storia della Cairo Montenotte di ieri non occorre andar molto lontano e neppure cercare documenti ingialliti negli archivi locali oppure leggere un libro che ne parli… Basta un giorno qualunque oltrepassare la passerella sulla Bormida ed entrar nel Campo Uno del Cimitero comunale… quello che ha le tombe di famiglia più importanti e più antiche.

 

Sistemate ordinatamente lungo tutto il perimetro, una accanto all’altra, dalle fogge più disparate, sontuose e importanti nella loro architettura, racchiudono numerose salme illustri (i pittori Carlo Leone Gallo, Eso Peluzzi e Domingo Motta; lo studioso Federico Patetta e Gaspare Buffa, lo scrittore Giuseppe Cesare Abba, la famiglia Faroppa, Cremonesi, il parroco don Toselli, e famiglie meno conosciute …

Mi colpiscono ancora le tombe en plein aire della famiglia Abba, con la prima moglie del celebre scrittore garibaldino, la cairese Gigliosa che un tempo era visibile in fotografia, ma ora la cornicetta in bronzo è vuota. Vicino vi è anche la figlia giovane e il padre che fu portato via da un tumore al labbro. La salma dello scrittore invece è stata collocata successivamente sotto un grane masso di granito nel “Campo della Gloria”.

Lo zio medico che abitava a Savona, perché l’aria umida di Cairo non era benevola per la sua salute, assistette il fratello morente ma dopo quindici giorni si ammalò di polmonite e lo seguì nella tomba. Lo scrittore lo farà seppellire accanto al congiunto e scriverà: “I due fratelli non sono mai andati d’accordo in vita, ora defunti riposano vicini, in pace.

Poco distante la tomba Del Carretto dove resistono due lapidi una di Adelaide Bellini da Foligno, contessa Del Carretto che morì il 7 maggio 1876; “sepolta qui” man no vi è con lei né il marito Gedeone né il figlio Perfetto che morirono prima e lontani. I due congiunti “facevan bella all’anima sua provata dal dolore” questa terra di requie cairese, “per lei quasi straniera”… Sembra una poesia questa dedica mortuaria.

I figli superstiti Edgardo, Zefferino e Aglae posero questa lapide in marmo, che tuttora resiste nella tomba malridotta, e così pure la piastra marmorea di Edgardo il cui testo dettò l’amico Cesare Abba. In alto troneggia l’aquila con due teste e lo scudo con cinque bande oblique, sotto vi è il carretto d’oro tirato da un leone.

Il resto sono parole ben composte per il conte Edgardo Del Carretto, tenente colonnello nell’esercito italiano, che fu prode nei suoi vent’anni a Palestro e allo Stelvio, figlio di una gran gente, “vissuto di virtù cristiane e d’onore, di mite modestia, la vedova inconsolabile con lacrime e preci consacra” questa lapide, il 21 agosto 1903.

 Bruno Chiarlone Debenedetti

   


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B. Chiarlone

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