Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Bajardo: ‘Noi che viviamo in montagna a lume di candela e coltivando aglio’


Vivere 360 giorni l’anno, tra le montagne dell’entroterra imperiese, senza corrente elettrica, senza acqua calda, né elettrodomestici o tv. Una radio per compagnia e il cellulare, ma è difficile ricevere il segnale. Accade in una solitaria ed attraente borgata del Comune di Bajardo, a San Gregorio, lungo la valle del rio Bonda.  Qui si trova una piccola, aggraziata chiesa romanica tra un pugno di casette del secolo scorso.  Un ambiente dove l’orologio si è fermato da decenni. In due casolari, pietra a viste, porte e finestre ‘fai da te’, vivono quattro persone. Il capofamiglia Sergio De Fazio, oltre la soglia dei sessantanni, la moglie Marilena, la figlia Michela, 28 enne, il fidanzato Massimiliano che di anni ne ha 33.  

Il casolare di San Gregorio a Bajardo dove vive con la moglie Sergio di Fazio

Dieci anni fa, la presenza della famiglia De Fazio fu resa nota da una pubblicazione  periodica della Liguria. Si raccontava che nel terzo millennio c’è chi preferisce lasciare la città e vivere in montagna, anche a costo di rinunciare ai più elementari bisogni come acqua, corrente elettrica, natualemente senza elettrodomestici e tv.  E ancora: “Qui vivono Sergio, ex meccanico, la moglie, la figlia, il fidanzato…abitano due casolari da loro stessi ristrutturati, vivono grazie all’allevamento di 25 capre, dei prodotti dell’orto e della preparazione di ravioli destinati a ristoranti della zona. Per scaldarsi c’è la legna, per lavarsi l’acqua attinta ad una sorgente, un forno dove cuocere un pane saporitissimo. Un piccolo Eden, anche i due cani meticci scodinzolano felici “.

Sono le 11, 20 quando raggiungiamo a piedi il cartello stradale di San Gregorio e scendiamo lungo una rampa antiscivolo in cemento grezzo. Ci ‘accolgono’ tre cani dall’abbaiare ringhioso. Non si vede nessuno, d’improvviso un giovane fa una rapida apparizione e sparisce tra le mura. C’è qualcuno ? C’è qualcuno ? Si rifa vivo Massimiliano, tranquillo, sereno, educato. Nessuna dichiarazione. Chiediamo di parlare con il signor Sergio; lo indica, spunta appena col capo ad una trentina di metri.  La foto che pubblichiamo sono eloquenti.  Ci domanda: “cosa vuole, di cosa ha bisogno…”.  Abbiamo un ritaglio stampa, risale a 10 anni fa. Volevamo sapere…. “No, no, oggi non è giornata adatta… e poi non ho nulla da dire… Ricordo che erano venuti con il comandante della Forestale…volevano fare anche un servizio tv, credo che fosse interessata la moglie di uno di loro…  io non ci tengo e comunque non ho più visto nessuno”.

Come si vive allevando capre a San Gregorio ? ” Quali capre ? Ho premesso, non sono in forma e non mi va di parlare, raccontare. Anzi, ripeto  nulla da dire, non vede.. in che condizioni, arrivederci”.  Ha ragione, l’ambiente ci riporta ai ricordi dei poveri ‘tecci’ di Monesi di Mendatica, trasformati in orribili brutture. Siamo quassù per descrivere una realtà non comune delle montagne liguri dove è facile trovare stranieri che hanno acquistato e ristrutturato persino dei ruderi.  Nelle colline di Ormea, ad esempio, vive una coppia tedesca proprio in mezzo al bosco, senza luce, l’acqua la predono ad una vicina fontana, la stanza la raggiungono con la scala pioli, per le ricariche della batteria del cellulare devono raggiungere un’altra casa, 20 minuti a piedi. Non ci sono strade. Unici abitanti, per 6 mesi all’anno, di una ex malga di pastori ormeaschi.

Chi arriva quassù – è l’inizio del disgelo con Sergio – sparla senza avere un’idea di cosa significhi la nostra solitudine… la scelta e l’esperienza di vita. Io sono nato in Abruzzo, sono arrivato in Riviera, ad Ospedaletti, dove ho frequentato la scuola. Sono su questa montagna  da 31 anni, quando c’erano molti alberi di ulivo. Ci fu una gelata incredibile, una strage….Ho vissuto bambino le privazioni e la vita grama, gli stenti. Il nonno in Abruzzo aveva le mucche, i buoi, la campagna. Mio papà è emigrato in Riviera ed io mi ritrovo  in queste condizioni.. Mia sorella vive sulla costa. Questa zona, raccontano i vecchi, era il ‘granaio di Sanremo’, Barbarossa era la vite più diffusa, un vinello impagabile.  E’ sparito tutto, non c’è più nulla. Desolazione. Sono rimasto io e la mia famiglia.  Mia figlia va a piedi in paese e lavora in giornata. Mia moglie oggi è andata ad assistere la mamma anziana. Io sono così dopo aver lavorato un po’ ovunque; meccanico da giovanissimo,  poi ho fatto di tutto…. Appartengo alla categoria degli sfruttati senza diritti, non avendo contributi la mia pensione è da fame, da disperati….”.

Nessuno lo metteva in regola ? “Cosa vuole, in giornata, quando si trovava, guadagnavo 20 mila lire…e mica potevi chiedere di essere regolarizzato ! Non sono certo l’unico, ora trascorro la vecchiaia in questo stato. Avevo le capre, ho dovuto smettere perchè la burocrazia uccide, guai se mi avessero trovato con un capretto destinato a qualche ristorante. Bisogna avere autorizzazioni e locali idonei per la macellazione… il formaggio, il latte. E che dire delle casette, risalgono  al 1931. Ho dovuto registrarle al castato urbano, spendere soldi …andare  da un avvocato che ti prende  4- 5 mila euro per sostenere le tue ragioni.  Mi sono ‘rotto la schiena’  scavando il terreno a mano per le vigne….Mi dedico all’orto, all’aglio di semenza d’Abbruzzo. E’ l’orto la base di ogni nucleo famigliare, eppure ormai è tutto in disuso, in malora “.

Sergio Di Fazio, conduce da 32 anni quasi una vita da eremita sulle montagne imperiesi

Ha qualche rimpianto ?  “Da 30 anni che non faccio il bagno in mare, non provo nostalgia;  se non sono obbligato non scendo in città dove mi sento osservato come un marziano.  Sono a disagio.  Qui d’inverno si va a letto alle 17, d’estate mi alzo all’alba e pranzo alle 10.  Coltivo quel poco di fasce. Vendo qualcosa”.  A Bajardo,  Sergio è molto conosciuto come personaggio eccentrico e controverso. I compaesani. “Fa lavoretti anche per il Comune, cantoniere, giardiniere,manovale.  Ha le sue idee….la figlia fa la commessa in un negozio del paese”.

In questo angolo di Liguria imperiese, in un sabato di luglio, è stato più facile incontrare cittadini stranieri che italiani: in mountain bike, a fare footing, escursionismo.  Da San Gregorio si può raggiungere, lungo una strada tortuosa e asfaltata,  Castelvittorio.

Bajardo merita una puntata a parte, lo faremo la settimana prossima, con qualche sorpresa e paradosso.

Sergio Di Fazio resta un paesano ‘misterioso’  nel contesto agreste- montano, un mondo sconosciuto alle giovani generazioni. La leggenda narra  che le tre figlie del castellano di Bajardo si innamorarono di alcuni marinai pisani che si erano recati nei boschi a rifornirsi di legname per costruire una nave. Ma il padre delle ragazze era assolutamente contrario a questi amori,  e non volle lasciar partire le fanciulle con i loro innamorati. Soltanto una di esse tentò la fuga, ma il padre, furioso,  quando la sorprese nel bosco le fece tagliare la testa.  Il capo venne raccolto,  avvolto in un mantello e portato sulla piazza. Le due sorelle superstiti, da allora, si dedicarono a opere di bene.

Luciano Corrado

Il cartello di ingresso alla borgata S. Gregorio
L’ingresso ai casolari della borgata di S. Gregorio
Sergio Di Fazio telefona al cellulare dall’ingresso della sua dimora
La veranda di Sergio Di Fazio vista vallata
La porta di ingresso di una delle due case abitate dalla famiglia Di Fazio
Una veduta panoramica della borgata San Gregorio vista da Bajardo

 

 

 


L.Corrado

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