Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Alassio / Dopo 92 anni, ‘adieu Palma’ storico ristorante della terza generazione. Viglietti : ‘Mala tempora currunt, ma ci rivediamo’


E’ stato una bandiera della ‘haute cuisine‘, un mito per i giovani cuochi. Il Palma, il primo ristorante stellato Michelin della Riviera. Il secondo locale, dopo il Caffè Balzola, ammesso a far parte (nel 2012) della prestigiosa associazione Guida ai locali storici d’Italia. La terza generazione Viglietti ha ammainato di fatto la bandiera annunciando una ‘pausa sabatica’: ” Mi sono trasferito a Roma, al ristorante-enocoteca Achilli al Parlamento”. Un periodo di sosta  – recita il dattiloscritto sulla vetrata d’ingresso – per rifiatare, riflettere, pensare…Mala tempora currunt, attendiamo che passino..” Massimo Viglietti ha organizzato il 3 febbraio l’ultima cena, invitando amici enogastronauti votati alla creatività e all’innovazione. Se la telenovela del ‘ caffè Roma‘, ritrovo mondano e del roof garden, continua a fare notizia, la sorte del confinante Palma pare non interessi. Due righe su la Repubblica, in un servizio sui ristoranti in Italia (‘chi va e chi viene’): ” …E a Roma? al Parlamento è approdato, dopo aver chiuso il Palma di Alassio, Massimo Viglietti”.  Il ricordo dei ‘benemeriti’  corre all’avvocato-chef Silvio e alla schiva, ammirevole moglie, Fiorita ai fornelli. 

Il Palma a lungo santuario nella Liguria di Ponente. Alcuni recensori- gourmet descrivono questo angolo ligure “zoccolo duro della cucina tradizionale regionale”. Non c’è da meravigliarsi dei giudizi non documentati. Del resto una ‘patente di dottore non si nega mai’. Tutti o quasi sono allenatori di calcio, si ergono a conoscitori della  ristorazione, credono di sapere cosa succede nelle cucine, nei campi, nelle vigne, tra i pescatori, i coltivatori, i fornitori, i clienti.

Quando le cose vanno male, spesso e volentieri si da la colpa alla ‘crisi’ (da sempre), all’avventore immaturo, magari poco colto in materia di creatività ed innovazione. Se poi chiedete perchè quel tale ristorante, trattoria, osteria o cucina d’albergo, continuano a macinare  successo, clientela affezionata, anche disposta a spendere, a seconda del locale, rispondono: “ Concorrenza sleale“. O ancora: “La gente non sa apprezzare”. Rifiutano insomma l’autocritica della ‘sconfitta’.

Nessuno può negare la recessione, la stagnazione che in Italia è iniziata negli anni ‘8o e si è aggravata con l’avvento del berlusconismo, dell’illegalità diffusa, del ‘chi paga le tasse è scemo’. L’abbandono di quella clientela, di quelle famiglie che non si trovano più a convivere con la massa, con le città assediate e soffocate dal cemento selvaggio e dai motori. Con decine di ville frazionate in mono e bilocali. Lo scempio della distruzione della prima collina,tra le tortuose stradine.

Eppure ad Alassio, come a Varigotti, a Cisano sul Neva, a Orco Feglino, a Vado Ligure, Albissola, ci sono locali di diverse tipologie che mantengono alta la percentuale dell’0ccupazione dei tavoli, in qualche caso eccellente (da Muraglia, bar Sport). Fino a punte di 35 mila pasti l’anno. E non si tratta di fiammate, ma di un lavoro di anni diventato costante.  Sono una manciata rispetto al numero complessivo della provincia di Savona. Documenta quantomeno una certezza: chi sa fare il suo mestiere, tenendo contodel contesto socio turistico in cui opera, pur tra sacrifici (ad iniziare dalle difficoltà di trovare personale preparato), opera all’insegna della redditività (nero a parte). La storia della ristorazione e dell’hotelleria conferma, non da oggi, che alla fine paga la sostanza più che l’apparenza, l’umiltà più che l’arroganza di ritenersi ‘luminari incompresi’. Si prenda nota di quanto accade da un decennio nella vicina Regione Piemonte, proprio sul fronte della ristorazione e dell’eccellenza.

Si può essere seri, preparati, scrupolosi, ma è difficile fare il bastian contrario se il contesto turistico non è quello di Londra, Berlino, Tokio, New York, Cortina d’Ampezzo, Montreux, Davos, Saint Moritz, Cannes. La Riviera ha perso smalto e fascinio, è stata deturpata (nel suo tessuto turistico, in particolare sul fronte del centro e Nord Europa) dalla dissennata corsa al mattone, con  la distruzione sistematica dell’industria alberghiera che per prima ha iniziato a pagare lo scotto, seguita commercianti, esercenti, mondo della ristorazione, perdita generalizzata di posti di lavoro. Di pari passo è cresciuto il tasso, sempre più proibitivo, degli affitti, soprattutto nei centri storici. Perché non si è copiato l’esempio della buona politica del territorio dell’Alto Adige che ha messo al bando, loro che sono da sempre di destra, le ‘seconde case’?

Il caso Palma è diverso. L’immobile appartiene ai Viglietti, nel cuore di Alassio, a due passi dal celebratissimo Muretto; il primo chef è sempre stato in famiglia. Anzi, qui hanno appreso l’arte alcuni nomi importanti citati nelle più serie  guide nazionali, pur con qualche limite e ‘macchia’.

Non abbiamo molte certezze, ad esempio, che possa fare attrazione, nel contesto sopra accennato, un menù in cui si propone – copiamo dagli enogastronauti -: “ Ristretto di Coca Cola e Campari”.  Ostriche e Camembert, coniglio e cozze”. Definiti “accostamenti contrastanti e discordanti”.

Massimo Viglietti non è mai stato un Cicerone da strapazzo, ha sempre rifiutato l’esibizionismo facile, non ha coltivato amicizie nel mondo dell’informazione e se ne ha avuto qualcuno (chi scrive) non li cercava. Non li riteneva all’altezza? E’ probabile.

Pubblichiamo con interesse e piacere, sperando di fare cosa utile soprattutto ai lettori di trucioli.it,  tre ‘ricordi’ scritti da amici enogastronomi di ‘patron Massimo‘. Ognuno esprime le sue idee, considerazioni, testimonianze, auspici. C’è sempre da imparare e confrontare.

Lascia tuttavia increduli e perplessi che mettendo in rete questo affresco senza pretese di illuminismo, il contesto dell’informazione , su carta e web, abbia fino ad oggi ignorato persino l’annuncio ufficiale che il Palma “non è morto“. Ha chiuso ‘solo’ i battenti a tempo indeterminato.

Il sito del Gambero Rosso ha scritto. “Notizie di ‘cuocomercato’, da Roma alla Puglia passando per la Liguria. È dalla Liguria, infatti, in quel di Alassio che si sposta Massimo Viglietti diretto verso Roma, per la precisione verso quello scrigno di golosità, delicatessen (e clamorose bottiglie di vino) che è l’enoteca Achilli al Parlamento. “Sono già qui, resident, ma concedetemi un mesetto di rodaggio: da metà marzo potrò dire che tutto quello che uscirà dalla cucina sarà mio al 100%” ci spiega lo chef ligure. “Vuole riproporsi, rigenerarsi tornare a respirare ossigeno che la sua zona gli vietava o quanto meno non forniva” dice sul suo blog Viglietti parlando di se stesso in terza persona “voleva delle sfide, sentirsi vivo, casa sua stava diventando una gabbia e le sbarre erano gli abitanti del suo paese e quei turisti che gastronomicamente parlando sono rimasti al fritto misto” Il Palma (dotato di un bell’82 sulla nostra Guida Ristoranti d’Italia) si sposta di fatto a Roma: un ingresso di peso sulla piazza capitolina”.

Auguri dall’ ultimo vecchio ed umile cronista di strada che da 47 anni vive la realtà ligure e, nel tempo, ha ammirato con coerenza la dinastia dei Viglietti ristoratori. Gli schiaffi  subiti da alcune guide e dai loro direttori. Il Palma, un tempo, ambasciatore dell’eccellenza e del successo.

Luciano Corrado

Alfa e omega, tutte le cose hanno un inizio e una fine…

di Massimo Viglietti

Mio nonno , anni fa, sposatosi si era innamorato di Alassio, il suo lavoro lo aveva portato dopo la prima grande guerra a lavorare in una cucina di pensione vicino alla stazione ferroviaria. Il passaggio dei turisti lo aveva fatto crescere anche con il pesce, lui che piemontese considerava tabù.

Passarono alcuni anni e divenne proprietario e con il tempo padre di due figli che si ritrova in pensione ad aiutarlo. Il più giovane , Silvio, nei viaggi per la laurea conobbe in treno una perinaldese, Fiorita, di nome e di fatto che sposò e appassionò al lavoro di famiglia.

L’avvocato-chef Silvio Viglietti e la moglie Fiorita a passeggio nel ‘budello’ di Alassio lo scorso inverno

Strade e percorsi si succedevano e cambiavano spesso per progredire ed inventare una cucina che fosse di territorio ma diversa: Provenza, Basso Piemonte, entroterra…insomma tanti profumi e sapori che uscissero dagli schemi e soprattutto tanta ricerca anche nei vini. Silvio divenne tra i primi sommelier italiani, fece conoscere prima il Rossese a persone che lo aiutarono a crescere come Gino Veronelli, Franco Tommaso Marchi e dopo contribuì alla crescita del Pigato….intanto divenne padre e con Fiorita diedero al figliolo Massimo la passione e opportunità di pensare al ristorante in maniera differente.

Gli anni passano e di acqua sotto i ponti ne scorrerà tanta. I caratteri dei tre non sono facili e l’ultimo arrivato è veramente diverso da tutti gli altri: poco propenso alle critiche, orgoglioso, per niente accondiscendente, poco ruffiano, poco espansivo, contraddittorio e polemico.

Il Palma cresce e diventa un punto di riferimento per molti gourmet….ma il carattere fa entrare in collisione Massimo con i maggiori gastronomi nazionali e passa poco tempo che si trova da solo contro tutti con anche i suoi vecchi amici a girargli le spalle….il caso vuole che arrivi una dolce ragazza a calmarlo e sposarlo e finalmente a riportarlo sulla terra. Marina si dimostrerà in gamba sia come moglie, nuora e cameriera. Il quartetto si ricompatta e riparte, la parola d’ordine è personalità, creatività e passione. Piano piano si riprende a scalare la vetta ma le vecchie ruggini sono difficili da levare. Passa ancora qualche anno e il lavoro diminuisce per la crisi che attanaglia l’Europa. Un amico romano di Massimo lo spinge a un passo estremo….deve solo capire se prendere o lasciare..

Qualche anno addietro aveva già rifiutato Torino e Milano, poi la Costa Azzurra ora sicuramente lo farà . Invece no, si arma di coraggio e finalmente sceglie. Vuole riproporsi, rigenerarsi, tornare a respirare ossigeno che la sua zona gli vietava o quanto meno non forniva….voleva delle sfide, sentirsi vivo, casa sua stava diventando una gabbia e le sbarre erano gli abitanti del suo paese e quei turisti che gastronomicamente parlando sono rimasti al fritto misto e all’arneis….Ora si volta pagina e a chi chiederà del Palma la risposta sarà: il Palma non è morto, nè chiuso, il Palma siamo noi, famiglia Vigliettiin ogni posto dove andiamo , non sono quelle quattro mura che ci hanno ospitato e riparato per tutti questi anni, ma sono il nostro cuore, le nostre passioni e i nostri caratteri che ci seguiranno sempre e permetteranno di essere sempre coerenti con noi verso gli altri.

Marina e Massimo Viglietti del Palma, nel 1997, inserito tra i 49 ristoranti della guida internazionale Le Soste, in Italia, Svizzera, Germania, Principato di Monaco, Stati Uniti

Lunedì 17 marzo 2014

di Massimo Viglietti

Per e pro Roma

Fare quattro passi per vie e piazze ti scombussola tutto, se pensi che eri abituato al mare, a stare solo e usare un andamento lento, qua sei in perenne confusione.
Il bello , pero’, viene camminando  perche’ la gente non la vedi piu’, i tuoi pensieri ti arrivano da sintonizzare, come davanti al televisore cerchi di migliorare il segnale…
La cucina e’ diversa: eri abituato a giocare in punta di fioretto e ora hai in mano una spada…..gusti forti, carichi, pieni e speziati testimoniano l’origine contadina della campagna romana, il mare dista un pochino e il profumo di sale e vento tarda ad arrivare. Bisogna adeguarsi, per un foresto come me la difficolta’ maggiore e’ nel trovare un equilibrio con l’olio locale tanto e’ vero che sto facendo di tutto per avere quello delle mie parti.
Tornando a noi, il locale mi piace, sta prendendo forma e tutto lo staff si sta rendendo conto dell’importanza della sfida. I fornitori fanno di tutto per accontentarmi e lo spirito sembra quello giusto.
Ecco, ora entri in pub irlandese e ti fai spillare una bella guiness, la bevi, esci e ti avvii verso piazza venezia, davanti a te il vittoriano e dietro di lui i fori imperiali…sembra tutto distante ma e’ a due passi da piazza navona , dove abiti e nel tornare indietro passi da fontana di trevi, pantheon e campo de fiori…..intanto pensi e ti viene in mente il profumo del the, ci stara’ bene con della pasta? E il pomodoro si potra’ lavorare con profumi grassi ma senza avere grasso? ?….mah, forse si….la prova attende solo il placet da amatrice, d’altronde gli abbruzzesi a roma sono moltissimi e i loro pensieri ogni tanto cozzano con i miei…..povero guanciale……

ARTICOLO DI LUCA CANESSA

L’ultima cena evoca nella mente dell’uomo situazioni tristi, drammatiche, ricordi di tradimenti insanabili.
Ma l’ultimo atto del Palma di Alassio è stato il contrario, un momento di amicizia, di condivisione, di speranza, di festa.
Una forte energia in sala ed in cucina, la voglia di prendere al volo una grande occasione, l’occasione di essere ancora felici, di uscire da una gabbia troppo stretta per un cavallo di razza con ancora molte, troppe cose da dire al mondo senza più briglie, senza dover sempre rendere conto a qualcuno o a qualcosa, affrancandosi da una storia ricca di belle situazioni, ma ormai stanca, poco compresa e ancor meno capita.
Peter Pan è vivo ed ha ancora tanta voglia di volare di trovare l’isola che non c’è, di combattere Capitan Uncino.
La storia non muore, è lì nella mente e nel cuore di chi l’ha vissuta da protagonista o da spettatore.
Il Palma non muore, cambia solo pelle come un serpente in muta, Massimo, il suo condottiero, è carico come una molla, ha l’energia di un ventenne, ma la maturità di una carriera che l’ha portato ad esplorare in lungo ed in largo il mondo eno-gastronomico, sempre con personalità, con carattere, sempre avanti rispetto alle mode e sempre coerente con sé stesso e con il proprio bagaglio culturale.
Il Palma non muore, ma porterà la sua storia e quella di Massimo e della sua famiglia a Roma per far comprendere ad un pubblico diverso la sua filosofia.
Un pezzo di Liguria, di Occitania, sbarca nella capitale e tutti noi che amiamo quello che è stato siamo felici ed emozionati per quello che sarà.
Grazie Massimo, grazie famiglia Viglietti per quello che ci hai trasmesso, ma soprattutto grazie per quello che da domani ci darai.

ARTICOLO di Danilo Meo

Il Palma è uno dei locali storici liguri, “vivo” dal 1922; è un ristorante “stellato” michelin sin dagli anni ’80; tre generazioni di Viglietti si sono alternate alla guida del ristorante; ognuna delle quali ha improntato,  plasmato il locale e i menù in base al proprio estro, la propria bravura ma soprattutto adattandosi alle mode, allo stile e alle esigenze dei tempi che ciascuno di loro ha attraversato.
Ovviamente nel 1950 sarebbe stato impensabile presentare una bisque di gamberi o una riduzione di Campari mentre sarebbe impossibile presentare in tavola il famoso , ma pur semplice, “Pan Bagnat” in questi anni.
Massimo  è stato l’ultimo dei Viglietti alla guida del Palma; è un cuoco talentuoso, un uomo umile, capace, sempre pronto a imparare ma soprattutto uno chef che nel corso degli anni ha esplorato qualsiasi tipo di cucina e di tecnica sino alla presa di coscienza e alla decisione sul tipo di cucina che sarebbe stata la protagonista del ristorante il Palma.
Una volta decisa la linea guida da seguire l’ha perseguita caparbiamente nonostante le aspre critiche ricevute, mantenendo comunque, anno dopo anno, il suo stile, la sua cucina, la sua concezione di tecnica e i suoi piatti, tra cui spiccano, a mio personale avviso, il ristretto di coca cola e di campari, le cozze ostrica e caffè , ostriche e camembert, coniglio e cozze; tutti piatti talmente “improbabili” con sapori e accostamenti talmente contrastanti e discordanti da far diventare questo ristorante una meta fissa per noi enogastronauti votati alla creatività e all’innovazione nel piatto.
Piatti “tirati”, cercati, studiati, voluti, decisi, avveniristici, coraggiosi, all’avanguardia rispetto a questo “spicchio Ligure” che è la Riviera di Ponente che rappresenta lo zoccolo duro della cucina tradizionale regionale.
Molti chef di rilievo sono passati dalla sua cucina e dalla sua scuola, per poi aprire il proprio ristorante, diventando “stellati” michelin a loro volta.
Premetto, Massimo è un mio caro amico, il più sincero, schietto e “presente” dei miei ultimi anni da enogastronauta.
Gli ho sempre chiesto consigli e da lui ho sempre accettato critiche, analisi e  suggerimenti.
Il giorno in cui Massimo mi ha confidato che avrebbe iniziato una nuova collaborazione a Roma presso l’enoteca Achilli  non ho nè commentato, nè criticato la sua scelta.
Mi fido di Massimo e delle sue valutazioni da anni, sarebbe irragionevole cominciare a dubitarne ora.
Tutto ciò non fa venir meno il mio dispiacere per questa scelta, in primis perché uno di miei migliori amici vivrà a 700 km di distanza e in secondo luogo perché il Palma chiuderà e per me che è stato un punto di riferimento per anni; sarà difficile abituarmi a non avere più una tale certezza a pochi passi da casa.
Vedremo.
Ovviamente non potevo mancare alla sua ultima cena, che si è naturalmente prolungata fino a notte fonda, davanti ad una bottiglia di Pol Roger e una di Gevrey-Chambertin di Madame Tortochot, parlando di ristoranti visitati, di locali da visitare e di scorci di vita passati seduti al tavolo di qualche ristorante in Europa.
E’ l’ultima cena del Palma ma di sicuro non l’ultima con Massimo Viglietti.
Auguri per il tuo nuovo viaggio amico mio, e come ”augura” il mio poeta preferito, Dante Alighieri:
Vecchia fama nel mondo li chiama orbi; gent’è avara, invidiosa e superba: dai lor costumi fa che tu ti forbi.
La tua fortuna tanto onor ti serba, che l’una parte e l’altra avranno fame di te, ma lungi fia dal becco l’erba.

ARTICOLO di Alfredo Pellegrini.

In questo articolo, più che del ristorante, vorrei parlare di un amico, Massimo Viglietti.
Un amico che ha deciso di allargare i suoi orizzonti professionali in un’altra città e in un’altra regione.
Quell’amico che ti chiama e ti dice:” andiamo a far colazione?”
Certo! Perchè no!
“OK, allora prendi la macchina, io sono in vespa e fino a La Turbie è troppo anche per me”.
In Francia? A far colazione?
E va beh!
Visita al monumento Trophée des Alpes, baguette e birra assolutamente rigorosi, in attesa del pranzo a base di lumache che ci attendeva con il resto del gruppo.
Poi, di ritorno, forse ammaliato ed ispirato da quei profumi, colori e dalla sua immensa cultura in campo musicale, si mise ad immaginare nuovi piatti per il suo prossimo menù.
Quell’amico che ti chiama e ti chiede: “ Oh. Hai della birra in frigo? Se non ce l’hai, metticela che sto arrivando ma vado via subito! E si finiva a parlare fino a tardi.
Un amico che all’occorrenza ha saputo rivestire i panni dello zio saggio.
Una volta, durante il girone di ritorno, del nostro personale torneo a cinque di pasta alla carbonara restò, fino a sera inoltrata a parlare con mia figlia in piena crisi decisionale pre università.
Aneddoti, esperienze personali e validi consigli  hanno fatto sì che si creasse tra lui e mia figlia Elisa un bel feeling che, sino ad allora, era ancora un po’ intimidita da quella persona con i capelli un po’ strani e dai tanti tatuaggi.
Quell’amico con il quale abbiamo percorso centinaia di chilometri in auto, ascoltando  musica che non pensavo neanche si potesse definire tale, come la sua auto del resto.
Una Fiat Multipla, “l’auto più brutta del mondo” come piaceva definirla al mio socio Danilo.
Quell’amico che è stato sempre pronto a darmi una mano fisicamente e moralmente come in occasione dell’ultimo evento di degustazione di vino organizzato da i miei soci e me. Quando mi prendeva l’ansia lui c’era. Mi  raccoglieva da terra e mi spronava ad essere positivo.
Ebbene sì! Sicuramente mi mancherai e certamente ti mancheremo. Ti  auguro tanta fortuna e speriamo di rivederci ogni qualvolta potrai tornare a farci visita.
In bocca al lupo Massimo! Anche se, probabilmente il lupo te lo cucinerai e te lo mangerai, accompagnato da qualche tua strana “riduzione” tipo coca-cola o campari.


L.Corrado

L.Corrado

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