Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Celle Ligure: ‘Libera Repubblica’ racconta


UNA STORIA DA RACCONTARE. UN RACCONTO DA ASCOLTARE. CAPITOLO II. LA LIBERA REPUBBLICA DI CELLE. Per proteggere la spiaggia dei Piani di Celle, l’Amministrazione comunale ha deliberato l’esecuzione di un pennello a mare (molo di massi, perpendicolare alla costa) in località Buffou. Alla gara d’appalto hanno partecipato 12 imprese, fra le quali la CO.FO.R di Reggio Calabria.

Nel verbale di gara è scritto che il Presidente della Commissione aggiudicatrice “legge ad alta voce, nell’ordine, l’offerta complessiva di ciascun concorrente ammesso,eventualmente corretta …” (Leggi) . Come corretta? Quelle corrette dovrebbero essere escluse! L’offerta viene scritta al computer; se, prima di spedirla, il concorrente si accorge di aver sbagliato, corregge la cifra nel documento salvato, lo ristampa e lo sostituisce a quello sbagliato. Se se ne accorge dopo la spedizione non può più fare alcuna correzione.
E allora? Allora … COMINCIAMO BENE!
Il Bando di gara dava come termine per la presentazione delle offerte il giorno 9 febbraio e come data di apertura delle buste per la nomina del vincitore il giorno 10 febbraio. Il giorno 8 febbraiosabato, immediatamente precedente la scadenza, con un telegramma delle ore 12:06, l’ingegnere del Comune ha scritto ai partecipanti che avevano già inviato l’offerta (tutti) che la scadenza era rinviata perché ci si era accorti che cadeva di domenica(il giorno dopo!); la nuova data sarebbe stata invece il lunedì successivo; rinviato era pure il giorno dell’apertura delle buste, non più il 10 ma il giorno 11 febbraio.
Dunque, si è riunita la Commissione ed ha stabilito la data; hanno tirato giù un numero senza verificare a quale giorno della settimana corrispondesse??? Avrebbero  poi dovuto segnarla in agenda, ma se qualcuno l’avesse fatto se ne sarebbe accorto! Vuol dire che non l’hanno segnata da nessuna parte? E poi, da allora nessuno se ne è più interessato, fino a mezzogiorno del sabato, giorno precedente??? Ma siamo su SCHERZI A PARTE?!
E allora? Allora … DI BENE IN MEGLIO!
Il giorno 7 febbraio, venerdì, però, il funzionario comunale aveva scritto al Servizio Segreteria del Comune di Celle, chiedendo la presenza di un’impiegata per l’apertura delle buste che sarebbe avvenuta il giorno 11. Ma il giorno 11 è proprio quello già corretto; se venerdì sapeva già di dover rinviare, perché ha atteso la fine del sabato per comunicarlo ai concorrenti?
Come detto, già prima della comunicazione di rinvio tutti i concorrenti avevano inviato le proprie offerte, indicando nell’oggetto della lettera la Gara d’Appalto del giorno 10 febbraio. La CO.FO.R ha scritto nell’oggetto: “Offerta per la gara d’appalto del giorno 11 febbraio” la data corretta. La sua lettera è datata 6 febbraio.
Cioè, si è dichiarato di accettare anche le offerte corrette, ma forse non ce n’erano (ma allora perché lo si è scritto?); la scadenza era il 9; il giorno 8 si è comunicato il rinvio; il giorno 7 i responsabili lo sapevano già; il giorno 6 la CO.FO.R , unica fra le imprese partecipanti, sapeva già tutto? Da notare che ha messo la nuova data su due documenti: la richiesta di partecipazione e l’offerta economica.
Ma è andata proprio così!?
E allora? Allora … AVANTI TUTTA!
L’appalto è stato aggiudicato proprio all’impresa COFOR ed i lavori le sono stati consegnati il 10 aprile.
Nove giorni prima, però, Amministrazione e COFOR si erano già accordate per modificare completamente il progetto facente parte del contratto. Invece di realizzarlo da mare, con natanti specializzati, si era deciso di farlo da terra, ovviamente in modo totalmente differente; sarebbe stato impossibile, infatti, deporre sul fondo gli strati di massi inoltrandosi con i camion in mare aperto.
Da una parte si è firmato un contratto per fare dei lavori in un determinato modo, dall’altra ci si è accordati per fare cose diverse.
La legge non lo consente assolutamente: la CO.FO.R è stata avvantaggiata, rispetto agli altri concorrenti, perché è stata esentata dal dotarsi di attrezzature straordinarie (e per altre ragioni che si vedranno in seguito). Il progetto dell’appalto non può essere modificato se non in limitata misura, per fatti imprevisti e comunque dopo la consegna lavori e la firma del contratto.
Il fatto, già grave, si è aggravato ulteriormente perché la modifica è stata decisa senza alcun provvedimento od atto ufficiale; cioè, è stata fatta aumma-aumma. L’atto è sopraggiunto il 5 dicembre, otto mesi dopo! Lo si è scoperto, però, a causa di una lettera inviata alla Capitaneria di Porto, la quale imponeva di delimitare l’area di intervento dei mezzi marittimi.
L’irregolarità non è stata unica: molte altre ne sono emerse dall’esame degli atti.
Di questo appalto si è interessata l’Autorità Nazionale di Vigilanza sui Lavori Pubblici, massima autorità in materia, i cui giudizi sono definitivi ed inappellabili: è obbligo starsene di ciò che dice.
L’Autorità ha ordinato una verifica al suo Servizio Ispettivo, che si è conclusa con un grave pronunciamento attestante un “comportamento (che) si configura in palese violazione delle regole di concorrenza e parità di condizioni tra i partecipanti alla gara”, l’applicazione di varianti in corso d’opera non giustificate e non conformi alla legge, lamodificazione qualitativo- quantitativa  dei materiali(Leggi)
Dopo questa prima conclusione il Comune ha inviato le sue spiegazioni e controdeduzioni; l’Autorità, però, ha detto che non c’entravano e non spiegavano niente  ed il pronunciamento è stato confermato in via definitiva.
Vediamo cosa significa.
Se si agisce intenzionalmente e con scopi fraudolenti in palese violazione delle leggi, si commette un reato. Il fatto che la violazione sia palese significa che chiunque se ne deve accorgere. L’eventuale reato riferito all’irregolarità denunciata dall’Autorità è la turbata libertà degli incanti, detta anche turbativa d’asta, punita con la reclusione da uno a cinque anni.
La modificazione della qualità e della quantità dei materiali, se attuata consapevolmente a svantaggio del Comune e con metodi fraudolenti, è reato di frode in pubbliche fornitureed è punito con la reclusione da uno a cinque anni.
L’approvazione di varianti in contrasto con le leggi, nel caso siano fatte con l’intenzione di procurare un ingiusto vantaggio, corrisponde all’abuso d’ufficio, punito con la reclusione da uno a quattro anni.
E allora? Allora … VIVA L’ITALIA!
Le comunicazioni inviate al Comune dall’Autorità sono rimaste chiuse in un cassetto e nessuno le ha trasmesse alla Magistratura, nonostante sia reso obbligatorio dall’Autorità stessa e dalla giurisprudenza, così come appare da innumerevoli sentenze. Se è obbligatorio trasmetterle, il non farlo dovrebbe essere … cosa sarà mai????
Non siamo a conoscenza, però, di alcun provvedimento della Magistratura
L’Autorità di Vigilanza, nel pronunciamento, ha chiesto di “conoscere le misure che codesta stazione appaltante intende adottare per evitare il ripetersi dei fenomeni evidenziati” (Leggi – ultima pagina) . Ha ritenuto, cioè, che le leggi vigenti non siano sufficienti per il Comune di Celle Ligure e che sia necessario aggiungere altre misure adatte ad impedire che si ripeta quanto accaduto. La gravità di tutto ciò, ricordando la massima importanza dell’Autorità, non deve assolutamente sfuggire.
Dopo un anno da questa richiesta il Comune non aveva ancora fatto niente. Allora alcuni consiglieri hanno chiesto al Sindaco di convocare il consiglio comunale per approvare un Regolamento degli Appalti che, tenendo conto di quanto avvenuto, indicasse ulteriori regole di comportamento.
La legge e lo Statuto comunale obbligano il Sindaco, in tali casi, a fare quanto richiesto ed impongono al Responsabile del Servizio competente, nell’occasione quello dei Lavori Pubblici, ad istruire la pratica. I consiglieri proponenti, cioè, fanno presente l’atto che ha dato origine all’iniziativa (il pronunciamento dell’Autorità), sottopongono all’esame del funzionario i documenti che ritengono utili ed il Responsabile del Servizio prepara la proposta di delibera, che, obbligatoriamente, deve essere firmata per regolarità.
La Responsabile del Servizio si è rifiutata di fare l’istruttoria, di predisporre la proposta di delibera e di firmarla.
La Segretaria ed il Sindaco non hanno preso alcun provvedimento ed il consiglio comunale, riunitosi, ha sospeso il procedimento per incongruenza della documentazione. I consiglieri hanno rinnovato la richiesta alla Responsabile del Servizio, ottenendo un altro rifiuto.
Da allora, 2010, sono passati più di tre anni. Da tre anni il consiglio è sospeso. Di tutto ciò si è data comunicazione-esposto alla Prefettura ed alla Procura della Repubblica, MA NON SE NE È PIÙ SAPUTO  NIENTE.
E allora? Allora … FERMA TUTTO!!!!!!
NELLA LIBERA REPUBBLICA DI CELLE LA DEMOCRAZIA HA QUALCHE PROBLEMA DI SOPRAVVIVENZA!
I rappresentanti del popolo sono impediti ad approvare un importante strumento di governo da un funzionario che, a torto o a ragione, non si sa, non compie ciò che compete solo a lui (non c’è alternativa), con Sindaco e Segretario che non provvedono, e nessuno interviene?
L’Autorità ha espressamente chiesto all’Amministrazione comunale di fare qualcosa per scongiurare il pericolo che avvenga nuovamente ciò che è già avvenuto; l’Amministrazione è costretta a rispondere che è impossibilitata a farlo perché qualcosa lo impedisce E NESSUNO PROVVEDE A RIMUOVERE L’IMPEDIMENTO?
L’aggressione alla democrazia è fatto di gravità ben maggiore di qualsiasi abuso edilizio, di qualsiasi malversazione, di qualsiasi frode, di qualsiasi sottrazione di pubblico denaro, di tutti gli illeciti che si possono presentare e che si sono presentati in questi tre anni: sarebbe opportuno che il suo giudizio, in un senso o nell’altro, con l’eventuale ripristino delle garanzie, avvenisse con precedenza su tutto il resto.
La gravità, però, assume peso ancora maggiore se si tiene conto che la CO.FO.R è stata sequestrata con provvedimento della Magistratura di Reggio Calabria, nell’ambito dell’operazione ARCA relativa ai cantieri della Salerno-Reggio Calabria, ed i suoi titolari G. G. ed A. G., con il capocantiere di Celle, sono stati arrestati in carcere con l’accusa di estorsione con metodi mafiosi.
Già prima dell’arresto la Direzione Antimafia aveva ripetutamente chiesto informazioni al Comune di Celle in merito all’appalto del pennello ed alla COFOR, ma l’Amministrazione non ne aveva tratto le dovute conseguenze. Tutta Italia ha parlato a lungo dell’operazione ARCA, della CO.FO.R e di Celle Ligure. Ne hanno scritto Il Secolo XIX e La Stampa, entrambi in edizione nazionale, il Corriere della Sera, La Repubblica, Il Messaggero, Il Manifesto, la Gazzetta del Sud, L’Espresso, MicroMega, due libri  e molte altre testate e fogli locali, oltre ad innumerevoli blog, fra i quali La casa della Legalità, Beppe Grillo, Libera, Uomini Liberi, Trucioli Savonesi, OltreGomorra, ReggioReports e RifondaReggio, tutti preoccupati per l’emersione di presenze sospette nel campo degli appalti pubblici in Liguria.
In simili condizioni si accetta che qualcosa impedisca di discutere di quanto accaduto in quell’appalto? Si accetta che vengano sepolte le preziose informazioni sulle metodologie attuate che potrebbero emergere, ritenendo davvero avvenute le irregolarità dichiarate dall’Autorità? Al Prefetto, che si è fatta promotrice di un protocollo antimafia, quanti particolari da considerare si potrebbero presentare a seguito del procedimento sospeso?
E allora? Allora … NON SAPPIAMO COSA PENSARE.
È ben vero che in giudizio dell’operazione ARCA gli accusati sono stati prosciolti perché non sono stati reperiti sufficienti elementi di colpevolezza, ma la Cassazione, alla quale sono arrivate altre imprese coinvolte, ha confermato il sistema estorsivo del quale era accusata la CO.FO.R. Inoltre ecco cosa scrive Emeroteca Associazione Antiusura Messinese Onlus: “… famiglia N. – G. una organizzazione mafiosa che sarebbe guidata da Sebastiano N., G. G. e A. G., già raggiunti da misure di prevenzione personali e patrimoniali, sottoposti altresì al giudizio per associazione a delinquere di stampo mafioso in due diversi procedimenti penali e Sebastiano N., ancora, per essere stato giudicato e condannato per il tentato omicidio di Giovanni F., avvenuto nel corso della guerra di mafia … offerte anomale, tra l’altro presentate proprio … dalla CO.FOR di XXX. Azienda, quest’ultima che, secondo gli inquirenti sarebbe gestita da XXX solo come prestanome, ma in realtà farebbe diretto riferimento ai fratelli G. e a Sebastiano N. Quest’ultimo si era reso latitante dopo la condanna inflittagli ed è stato arrestato dalla Squadra Mobile …”.
Ci si chiederà, a questo punto, quali motivi ha indicato la Responsabile del Servizio per rifiutare l’istruttoria. Eccoli:
•    Non era in servizio durante la costruzione del pennello
•    La Corte dei Conti non è mai intervenuta per danno erariale
•    Non potrebbe comunque intervenire perché il danno è in prescrizione
•    La Procura ha rinviato a giudizio il Direttore dei Lavori che è stato assolto
•  L’Autorità di Vigilanza non ha imposto al Comune di provvedere all’annullamento dell’appalto e non ha denunciato i fatti alla Magistratura
•    Difettano i presupposti di cui all’art. 21 nonies della legge 241/90.
Ma cosa c’entra la Corte dei Conti con l’approvazione del Regolamento Appalti?? E poi, il Consiglio comunale non può discutere dei lavori fatti prima che la Responsabile fosse assunta dal Comune? E l’assoluzione del Direttore Lavori, accusato di fatti estranei all’argomento? In quanto, poi, all’art. 21 nonies citato, questo tratta di tutt’altra questione che non c’entra niente e per ciò che riguarda l’Autorità, questa non ha il potere di imporre alcun annullamento e la denuncia era demandata al Comune, che non l’ha fatta.
Futuro Oggi si è rivolta ad un noto studio legale di Torino che, avendo saputo che non si sono trovati casi simili in tutta Italia, si è detto sorpreso che possano succedere fatti del genere ed ha presentato un esposto-denuncia. Da notare che, a parte l’ultima motivazione riguardante l’annullamento dell’appalto, non in discussione, la funzionaria comunale non ha dimostrato che sarebbe stato illegale fare l’istruttoria; cioè, la si poteva fare ma lei aveva diritto a non farla?
Che cosa viene in mente? Che si voglia impedire la discussione di quanto avvenuto durante i lavori? Che si voglia impedire l’approvazione di un Regolamento degli Appalti? Che si commetta un errore di interpretazione delle leggi, magari da parte nostra e dello studio legale? Sicuramente ci saranno altre ragioni: aiutateci a scoprirle!
Ma, intanto, così non si è ancora risposto all’Autorità e si è inadempienti. È chiaro che non va bene! Se i consiglieri ritengono che per fare ciò che è stato chiesto è opportuno deliberare il Regolamento, lo si deve poter fare. E alla Magistratura ed alla Prefettura non compete alcun intervento?
Proviamo a vedere insieme cosa nasconde questo maledetto appalto e cominciamo con questo episodio:
La consegna dei lavori è avvenuta il 10 aprile, come già detto. Il 1° maggio comincia la stagione balneare ed è proibito effettuare movimento di materiale in mare; ci si è quindi limitati ad installare il cantiere. Il 28 aprile, però, si è alzata una mareggiata di scirocco e l’impresa ha iniziato a scaricare in mare una gran quantità di materiale terroso, che veniva immediatamente disperso dalle onde. Al ritmo di 40 camion al giorno, ha continuato per tre giorni; tutto il materiale è stato disperso. L’assessore comunale all’ambiente ha definito “disastro” il risultato ottenuto. L’operazione dovrebbe essere costata parecchio e non si capisce perché l’impresa si sia ostinata a continuarla. Innumerevoli sono state le proteste ed un cittadino ha mandato una e-mail all’ARPAL, che aveva ricevuto dalla Regione l’incarico di controllare la regolarità dei lavori e che ha il compito di proteggere l’ambiente marino. Cinque giorni dopo, come risulta dagli atti, l’ARPAL  ha scritto al Comune chiedendo spiegazioni; nove giorni dopo il Comune ha risposto all’ARPAL che avrebbe chiesto all’impresa di comunicare le ragioni di tale versamento; tredici giorni dopo il Comune ha scritto all’impresa; questa, 23 giorni dopo, ha risposto che era tutto regolare. Il Comune ha trasmesso la comunicazione all’ARPAL che, 44 giorni dopo la segnalazione, l’ha inviata al solerte cittadino.
Fine.
Riassumiamo: l’ARPAL viene a sapere che si sta versando in mare materiale che potrebbe arrecare grave danno e che essa stessa dovrebbe autorizzare, ma che pare non aver autorizzato. Non si precipita a verificare, ma dopo cinque giorni scrive. Dopo ventitre giorni non sa ancora niente.
Il Comune, tirato in ballo, alza le mani (non ne so niente!) e scrive all’impresa. Ma in Comune ci sono il Responsabile del procedimento ed il Direttore lavori: ogni operazione deve essere ordinata e controllata da loro. Perché chiedono spiegazione all’impresa? Ciò significa che nessuno aveva ordinato il versamento? E allora, perché si è versato? Non interessa a nessuno? Nessuno prende alcun provvedimento?
Provate un po’ voi a versare in mare due carriole di terra!
Ci si chiede se le Autorità preposte non interverrebbero neppure nel caso analogo in cui un cittadino dovesse segnalare ai Vigili del Fuoco la presenza nel bosco di persone intente ad appiccare il fuoco ed i Vigili scrivessero al Comune per sapere cosa stia succedendo ed il Comune scrivesse alle suddette persone, aspettando la loro rassicurante risposta, da inviare poi ai Vigili del Fuoco, che la potrebbero gentilmente spedire al cittadino.
Fatto sta che, al termine dei lavori, è stato fatto un esame chimico della sabbia attorno al pennello e si è riscontrata la presenza di cromo di gran lunga superiore ai limiti di legge. Del resto parleremo in seguito.

Ma non sembra anche a voi che ce ne sia già abbastanza per dire che qui qualcosa non vada proprio? COSA STA SUCCEDENDO?
Ed ai consiglieri comunali di maggioranza non sembra che, per poter continuare a tacere di questi fatti, per non porre la parola “fine” all’operazione Colonia Milanese, per non accettare di portare in consiglio comunale il Regolamento degli Appalti come ha chiesto l’Autorità di Vigilanza, CI VOGLIA UN BEL PELO?


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