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Liguria e Basso Piemonte

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Savonesi illustri(Piero Astengo, GB Gavotti, Giuseppe Tarò)testimoni di un amore segreto


L’articolo l’ha scritto Giulio Vignoli, professore universitario a Genova, giurista e storico. Il titolo:  ‘Il grande amore segreto di  Adalberto di Savoia-Genova, duca di Bergamo‘; nobile nato in Piemonte (castello di Angliè appartenente ai Genova). Lo scrittore ricordail salotto politico-letterario di intonazione liberal-monarchica che si raggruppava nella grande villa di Millesimo delle sorelle Scarsella: Anita, Nella e Laura. La prima non si sposò ed era legata al duca rimasto scapolo. Una relazione mai interrotta e con aspetti inediti. Tra i frequentatori: Marinella Zagnoli consorte  di Giuseppe (Pippo) Tarò –  noto industriale-diplomatico savonese, con interessi a Genova, nonché studioso e collezionista di memorie e cimeli sabaudi-, il mitico Piero Astengo, il marchese Giovanbattista (Baciccia) Gavotti.  In quel periodo l’attivissimmo Astengo aprì  a Millesimo una sezione del Pli nei locali degli Scarsella. L’intera proprietà, con il castello, è ora del Comune,  in assenza di eredi ed ospita pure un interessante museo.

 

IL GRANDE AMORE SEGRETO DEL DUCA DI BERGAMO
Il prof. Giulio Vignoli

Sono rimasti sempre un po’ in ombra gli ultimi appartenenti al ramo cadetto dei Savoia-Genova.
Intendo i figli di Tommaso di Savoia, Duca di Genova e di Isabella di Baviera: Ferdinando, Filiberto, Adalberto, Eugenio, Bona e Adelaide.
Per la loro posizione (parlo dei maschi) nell’ordine di successione al Trono assai arretrata e per la natura riservata del loro carattere, non raggiunsero, e non assunsero mai, posizioni di spicco.
Adalberto di Savoia-Genova, Duca di Bergamo (per ora ci soffermiamo solo su di lui), nacque ad Anglié, in Piemonte, nello storico castello appartenente ai Genova, nel 1898.
Partecipò alla Prima Guerra Mondiale combattendo sul Montello. Fu comandante del Savoia-Cavalleria e nel 1935-36 partecipò all’impresa d’Etiopia. Nella Seconda Guerra Mondiale fu comandante dell’Ottava Armata e successivamente della Settima.
Nel 1939, conquistata l’Albania, era stato fatto il suo nome per la carica di Viceré d’ Albania da parte di Jacomoni di San Savino, già nostro ambasciatore a Tirana. Infatti Adalberto era stato in Albania quale testimone delle nozze di re Zog con la nobile ungherese Geraldina Apponyi, suscitando col suo comportamento molte simpatie fra gli albanesi (1). La segnalazione però non ebbe seguito. Anzi, lo stesso Jacomoni venne poi nominato Luogotenente generale del Re in Albania. Si scelse questa denominazione per riguardo verso gli albanesi, ritenendosi che quella di Viceré fosse più adatta a dei territori coloniali. Infatti, e questo si dimentica spesso e volentieri, l’Albania conservò, anche  dopo l’occupazione italiana, un suo Parlamento, un suo Governo e un suo primo Ministro.
Adalberto guidò la delegazione italiana ai funerali dello zar Boris III di Bulgaria, morto misteriosamente a Sofia il 28 agosto 1943, forse per mano dei tedeschi, forse per mano dei comunisti. Mafalda invece accorse come sorella prediletta della zarina Giovanna. Il Duca partì da Sofia prima della principessa Mafalda, che si trattenne ancora qualche giorno in più, e così rientrò prima in Italia, riuscendo a salvarsi dai tedeschi poi inferociti per l’armistizio dell’8 Settembre. Mafalda invece, come è noto, fu arrestata a Roma, al suo rientro, e portata in un Lager in Germania dove morì tragicamente (2).
Il Duca di Bergamo non si sposò mai e su questo suo celibato si fecero molte chiacchiere perché si è sempre ignorato, e si ignora, il suo legame sentimentale con una nobile piemontese durato dalla giovinezza alla morte.
A parlarmene furono le sorelle Scarsella, Anita, Nella e Laura, anch’esse piemontesi d’origine (avevano una grande villa a Millesimo), che tenevano a Milano, per la precisione all’inizio di corso Magenta, un salotto  politico-letterario d’intonazione liberal-monarchica, frequentato da politici e intellettuali d’area e da amici della Milano-bene (ricordo per prima Piera Ricotti, la marchesa Ippolita Borgazzi, Mariella Zagnoli, Piero Astengo, il marchese Giovanbattista Gavotti, la scultrice   Caprotti, ecc.), ma soprattutto Anita, la “politica” del trio, ne era l’animatrice.
Esse erano amiche personali della misteriosa contessa. L’ indiscrezione mi venne anche confermata ed ora, per la prima volta, la rendo pubblica, da Giuseppe Tarò, il noto industriale-diplomatico savonese nonché studioso e collezionista di memorie e cimeli sabaudi.
Alla fine degli Anni ’70 il Duca di Bergamo espresse l’intenzione ai più intimi di rendere pubblica la relazione e di sposarsi.  Ne parlò al re Umberto II, chiedendone l’assenso, come le leggi di Casa Savoia e il Codice civile prevedono per tutti i membri della Dinastia. Il Sovrano sconsigliò il matrimonio, motivando con l’età assai avanzata dei nubendi che avrebbe sollevato critiche.
Adalberto morì così scapolo come era vissuto.
Con l’avvento della repubblica, Adalberto di Savoia-Genova si era ritirato a Torino dove visse modestamente in un albergo in compagnia del fratello Filiberto (al quale dedicheremo un prossimo profilo). E a Torino morì nel 1982. La salma riposa a Superga.

GIULIO VIGNOLI

(1)F. Jacomoni di San Savino, La politica dell’Italia in Albania, Cappelli, Bologna, 1965, p. 143.
(2)F. Anfuso, Da Palazzo Venezia al Lago di Garda, Settimo Sigillo, Roma, 1994.


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