Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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I racconti d’amore di Leon e Dudù. L’Angelo custode della Valle Arroscia


Leon vide per la prima volta il suo angelo custode all’età di diciassette anni. Questa è una storia che non raccontò quasi mai, convinto che avrebbe suscitato ilarità o quantomeno  molta incredulità. Alla sua Dudù ne parlò una sera d’inverno, durante un violento acquazzone, col vento che sibilava minaccioso alle finestre.

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Le bimbe erano già a dormire e allora la televisione si vedeva una sera sì e dieci no per cui spesso si alternavano serate in pieno mutismo con altre passate in animate discussioni. Quella sera, però Dudù ascoltava stranamente senza far commenti,e  lui guardava i suoi occhi che ogni tanto si accendevano,mandando bagliori  taglienti,ma ,malgrado fosse un poco intimidito , continuò deciso nel racconto.
Disse: vedi Dudù, allora  tu eri ancora bambina e io invece ero in piena tempesta  ormonale, sempre in cerca di qualche possibile relazione, molto spesso più immaginata che reale; inoltre, a quei tempi, le ragazze erano   senz’altro meno facili di quelle di oggi. Comunque  riuscii a rimorchiarne una, ottenendo un appuntamento in pieno giorno, per la domenica successiva sulla strada che collega la frazione vicina con la strada statale. La giovinetta sedicenne, pastorella e assai carina, possedeva già la malizia  di Eva tentatrice, suggerendo, negli atteggiamenti, un morso alla mela che sicuramente non ci sarebbe mai stato.

Quel giorno,dopo un ciao imbarazzato, la mia impazienza si fece subito sentire. Dopo qualche schermaglia ci fu un primo bacio assai casto,ma con molte promesse. Poi parlammo e ci abbracciammo, ci abbracciammo e parlammo,finché  giunse il momento  della separazione. L’accompagnai per un tratto, abbracciati fianco a fianco  per sentire  le sue forme, con le mani sempre in movimento a cercare il suo seno e lei che tentava una difficile e poco convinta resistenza. Ci lasciammo con la promessa che sarei andato a trovarla sull’alpeggio dove si sarebbe trasferita il giorno dopo.Ripresi la strada del ritorno pieno di pensieri e di esigenze prepotentemente avanzate dagli ormoni ormai in confusione totale e, quasi senza accorgermene mi trovai sulla statale. Camminavo a testa bassa e ad un tratto, quasi per un impulso improvviso,  volsi lo sguardo dalla parte opposta della carreggiata. Mi fermai un momento: una ragazza  di una bellezza sconvolgente, mi faceva cenno con la mano di avvicinarmi.

Era vestita con un abito bianco ,con una fascia celeste in vita,i capelli neri lunghi sulle spalle,calzava sandali nei piedi nudi.Mi sentii frastornato con un vago senso di una inconcepibile  paura.Una ridda di pensieri mi attraversò la mente.Pensai fosse una zingara e in quegli anni  di superstizioni e di racconti di oscure minacce,l’ansia mi accelerò il passo.”Ma senti l’ometto -disse Dudùvede una donna vera e se la fa sotto !Leon non raccolse il sarcasmo tutto preso dal racconto e continuò imperterrito.”Appena giunto a casa presi le chiavi della moto, la mia   vespa centocinquanta, che quando cavalcavo mi faceva sentire invincibile e rifeci la strada  alla ricerca della donna che tanto mi aveva turbato.Non la trovai più. Non erano passate macchine ,a l tempo poco frequenti, ma per la strada, fino alla successiva frazione non vidi proprio nessuno”.E allora -disse Dudùtu pensi che fosse il tuo angelo custode?” I suoi occhi ridevano.”L’ho pensato. Intanto  è poco probabile che una zingara si vestisse di bianco. Poi quando sono tornato indietro avrei dovuto vederla.“E la ragazza l’hai più rivista?” No rispose Leon , forse quella visione aveva mutato il mio destino che chissà quale strada avrebbe preso.”Forse l’angelo ti aveva destinato a me .Bello scherzo! Una storia giusto adatta ad una serata di diluvio e di vento.” E il vento ,quasi chiamato in causa, scosse forte le imposte sibilando a lungo.
Non si parlò mai più del fatto fino  a quando, dopo tanti anni, l’argomento divenne nuovamente d’attualità per un drammatico avvenimento che sconvolse la vita di Leon e Dudù. Ma questa è quasi un’altra storia.

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