Trucioli

Liguria e Basso Piemonte

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Autonomia della sinistra d’alternativa e opposizione di sistema


Usando la terminologia d’altri tempi e intendendo per movimento operaio l’ampia platea di soggetti sottoposti a quella che è stata definita “criminale gestione capitalistica della crisi” (pur tenendo ben conto delle articolazioni sociali determinatesi per varie ragioni sul piano storico) si può sicuramente affermare che stiamo combattendo una vera e propria “guerra di posizione”.

Una “guerra di posizione” nel corso della quale è necessario realizzare almeno due risultati: ricostruire un blocco sociale (non arrendendosi all’ipotesi avanzata recentemente da Angelo Panebianco che, ormai, la società si compone di “flussi”) e continuare ad affermare una prospettiva di trasformazione sistemica (in questo caso si è detto: rilanciare l’idea del socialismo).

L’autonomia teorica e politica di una soggettività di sinistra che intende impegnarsi, avendone ben chiari i termini, in una situazione di questo genere appare essere condizione essenziale da perseguire, nella fase, con grande determinazione.

Un’autonomia che deve principiare, sul piano più strettamente inteso delle dinamiche politiche di sistema, dal discorso dell’opposizione.

Nelle tormentate vicende riguardanti, in questi ultimi mesi, il sistema politico italiano abbiamo, infatti, registrato il collocarsi all’opposizione rispetto al quadro di governo di determinati soggetti: da un lato SeL, uscita dal quadro di centrosinistra per un “governo di cambiamento” e dall’altra il M5S, partito dall’ipotesi del “tutti a casa” e resosi indisponibile a qualsiasi condizione di governo, nonostante l’elevata quota di consenso elettorale.

Formalmente, quindi, nel Parlamento Italiano esiste, rispetto al governo delle “larghe intese”, un fronte d’opposizione sufficientemente ampio, almeno sul piano numerico: si tratta, però, di una sorta di “illusione ottica”.

Senza voler celebrare alcun “processo alle intenzioni” si può ben dire che si tratta di un’opposizione non tanto e non solo “interna” al sistema, ma anche interna allo stesso quadro di governo: lo spiega, credo involontariamente, Piero Bevilacqua in un suo articolo apparso sul “Manifesto” del 14 Maggio, allorquando parla di “opposizione che deve lucrare gli interessi sul governo Letta – Alfano” e parla di “rafforzare l’opposizione” scegliendo tra Imu e reddito minimo.

In questo modo, naturalmente, l’obiettivo di questi soggetti non potrà che essere quello dell’alternanza.

E’ possibile in questa fase un discorso relativo all’alternanza?

Ne dubito molto perché i riferimenti principali dell’alternanza di governo sono, sul piano teorico, soprattutto ed essenzialmente due: quello del “livello” di cambiamento, e del grado di “innovazione nella formazione del governo” (Peter Mair in “Sistemi partitici e alternanza di governo” Il Mulino 2006).

Pare adesso che, al di là delle formule e delle composizioni ministeriali, esistano possibilità di questo tipo all’interno della gestione capitalistica della crisi che accomuna i maggiori partiti presenti sulla nostra scena politica?

Non penso ad una situazione “bloccata” in maniera indefinita: sicuramente emergono, da questo quadro politico, contraddizioni e si verificheranno sussulti anche di – almeno apparente – rilevante portata.

Il discorso dell’opposizione politica, però, rimane tutto da definire ed è necessario che una sinistra d’alternativa che intende misurarsi sul terreno della soggettività lo assuma in pieno, senza alcuna sindrome da “minoritarismo”, ma con l’idea ferma e forte che, partendo da un’opposizione “di sistema”, capace di prefigurare un’alternativa di profonda trasformazione (ripeto: il rilancio dell’idea del socialismo) punta a riaggregare attorno a questa chiara, precisa, opzione, pezzi fondamentali della società, a partire dal mondo del lavoro, rendendoli consapevoli nella loro coscienza di classe di stare combattendo – appunto – una “guerra di posizione”.

Franco Astengo


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