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Liguria e Basso Piemonte

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Spiagge, gestori, Regione Liguria, rendite, trasversalismi


Leggiamo su Ponenteoggi che la Regione Liguria ha approvato la modifica della L. 13 del 1999: “Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa, ripascimento degli arenili, protezione e osservazione dell’ambiente marino e costiero, demanio marittimo e porti”.L’emendamento alla legge permetterà ai gestori degli stabilimenti balneari, che subiscono danni a causa delle mareggiate, la proroga della concessione demaniale sulla base degli interventi che gli stessi hanno finanziato per la riparazione dei danni (non si capisce se danni su beni propri o pubblici).In considerazione del fatto che le mareggiate di forte intensità in Liguria si presentano costantemente, con questa legge le proroghe delle concessioni demaniali saranno matematicamente garantite all’infinito. Oltretutto sarà necessario attivare del personale tecnico e amministrativo (dipendenti pubblici o consulenti) per il controllo delle opere compiute dai privati e dei relativi costi sostenuti (in quanto la durata della proroga viene calcolata in rapporto all’investimento eseguito), con ulteriore aggravio di tasse per il contribuente.Mareggiate in Riviera 700mila euro dalla RegioneLe concessioni demaniali per decenni hanno rappresentato una RENDITA DI POSIZIONE per i titolari degli stabilimenti balneari (favoriti da canoni ridicoli pagati allo stato), che in questi anni sono state messe in discussione grazie all’attenzione della Commissione Europea. Quest’ultima, sulla base di una segnalazione di un cittadino italiano, ha aperto una “procedura di infrazione” (409/1998) contro lo Stato italiano, per violazione delle norme comunitarie in materia di concessioni di servizi (con particolare riferimento ai contenuti della Direttiva servizi, nota come Direttiva Bolkenstein n. 123/2006/CE) per il fatto di favorire, di fatto, il precedente concessionario, ai sensi del secondo comma dell’art. 37 del Codice della navigazione italianoLa Commissione censurava di fatto il nostro sistema nella misura in cui non imponeva che il bene, allo scadere della concessione, venisse riassegnato con procedure di evidenza pubblica, che avrebbero garantito il rispetto dei principi concorrenziali.

Con l’avvio di tale procedimento, lo Stato italiano veniva così invitato a conformarsi alle norme comunitarie, modificando o eliminando le disposizioni sottoposte a censura.

In seguito all’avvio della procedura, lo Stato italiano ha disposto, in sede di Decreto “Mille Proroghe” convertito con Legge 25/2010, una sorta di moratoria della situazione – per maggiore chiarezza possiamo dire una conservazione dello status quo – sino al 2015 (“il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino a tale data scadenza”), e, nel contempo, ha abrogato il comma controverso dell’art. 37.

Con provvedimento n. 2734/2010 (Nota) del 5 maggio 2010 la Commissione europea ha poi effettivamente preso atto di tale modifica, ma ha illustrato ulteriori profili di illegittimità delle disposizioni italiane, in particolare in relazione alla durata delle concessioni.

La procedura di infrazione si è chiusa all’inizio del 2012, tuttavia rimane l’esigenza di intraprendere al più presto un nuovo percorso sull’argomento, fondato su un confronto democratico fra tutti i soggetti interessati (Cittadini, Stato, Regioni, Comuni e imprese), per il riordino e la revisione della normativa del settore.

Pertanto l’emendamento della Regione Liguria sembrerebbe rappresentare un’elusione delle Leggi Comunitarie.

A tale proposito, la Corte Costituzionale si è pronunciata sulla questione di legittimità di una legge regionale (Emilia Romagna), che ha disposto la possibilità per i titolari di concessioni demaniali marittime di richiedere la proroga della durata del provvedimento fino ad un massimo di 20 anni, a partire dalla data di rilascio.

La Corte con la sentenza n. 180/2010, ha accolto il ricorso stabilendo che il disposto regionale contrasta con l’art. 117 Cost. in relazione agli articoli 43 e 49 del Trattato CE.

Il libero mercato non è fatto di rendite di posizione e un governo ha l’obbligo di tutelare la pluralità dei cittadini. Non resta che appellarci alla Autorità garante della concorrenza e del mercato, nota anche come Antitrust o AGCM http://www.agcm.it/.

Dario Averio


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